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13 settembre

Oggi, ma nel 1821, a Roma, nella chiesa di Santa Maria maggiore, il pontefice Pio VII emanava la bolla papale “Ecclesiam a Jesu” con la quale condannava fermamente la Carboneria e la Massoneria, ritenuta emanazione carbonara. Il Papa comminava la scomunica a tutti gli aderenti a vario titolo e a coloro i quali favorissero l’una o l’altra o entrambe le organizzazioni. Direttamente Barnaba Chiaramonti (nella foto, particolare della sua tomba, nella basilica di San Pietro, opera funebre realizzata in stile neoclassico dal danese Bertel Thorvaldsen ed inaugurata il 2 aprile 1831), di Cesena, classe 1742, elevato sul soglio di San Pietro il 14 marzo 1800, si scagliava contro tutte le società segrete ritenute nemiche della Chiesa romana.

La Carboneria in particolare, secondo il massimo rappresentante della cristianità occidentale, tramava contro la religione e la società civile, fomentava ribellioni e spogliava i governanti del loro potere temporale. Nel punto numero 3 dei 13 nei quali era articolata la bolla veniva specificato che: «A questo punto occorre ricordare una società nata di recente e diffusa in lungo e in largo per l’Italia e in altre regioni: per quanto sia divisa in numerose sette e per quanto assuma talvolta denominazioni diverse e distinte tra loro, in ragione della loro varietà, tuttavia essa è una sola di fatto nella comunanza delle dottrine e dei delitti e nel patto che fu stabilito; essa viene chiamata solitamente dei carbonari. Costoro simulano un singolare rispetto e un certo straordinario zelo verso la religione cattolica e verso la persona e l’insegnamento di Gesù Cristo nostro salvatore, che talvolta osano sacrilegamente chiamare rettore e grande maestro della loro società. Ma questi discorsi, che sembrano ammorbiditi con l’olio, non sono altro che dardi scoccati con più sicurezza da uomini astuti, per ferire i meno cauti; quegli uomini si presentano in vesti di agnello ma nell’intimo sono lupi rapaci».

Alla base del provvedimento emanato dal più alto grado vaticano vi erano i risultati dei moti pre risorgimentali del 1820-1821 avvenuti sul territorio nazionale. La Carboneria era sorta nel regno di Napoli come risposta alle tendenze politiche e militari in favore di Napoleone di Gioacchino Murat, generale francese e re delle due Sicilie dall’1 agosto 1808 fino al 22 maggio 1815. Ma la prima vera dimostrazione pratica, con la conseguente uscita dallo stato di clandestinità, si era verificata nella notte di San Teobaldo di Provins, protettore dei cospiratori carbonari, tra l’1 e il 2 luglio 1820 quando due ufficiali, Michele Morelli e Giuseppe Silvati, il primo di Monteleone di Calabria, poi Vibo Valentia, del 1792, il secondo partenopeo, del 1791, con il supporto del generale Guglielmo Pepe, di Squillace, in quel di Catanzaro, del 1783, già al servizio di Murat, avevano guidato, alla testa di reparti irregolari di cavalleria, la rivolta contro il re borbonico Ferdinando I, partita da Nola e confluita sotto il Vesuvio.

Sommossa che aveva costretto, il 6 luglio 1820, il sovrano alla concessione della costituzione, ispirata a quella spagnola del 1812, e alla instaurazione del parlamento napoletano. Sulla base di questi risultati, il 12 marzo 1821, si era verificato l’analogo caso a Torino, comandato dal patriota Santorre Derossi di Santa Rosa, di Savigliano, in provincia di Cuneo, del 1783, che aveva portato il re di Sardegna, Vittorio Emanuele I di Savoia, alla promulgazione della costituzione e alla abdicazione in favore del fratello Carlo Felice.