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15 maggio

Oggi, ma nel 1848, a Napoli, in piazza Monteoliveto, sede della Camera dei deputati, si verificava il colpo di mano del re Ferdinando II di Borbone, nato a Palermo nel 1810, detto "re bomba", che scioglieva il parlamento democratico e sostituiva il governo costituzionale guidato dal neoguelfo Carlo Troja, napoletano del 1784 - figlio dell'urologo di fama Michele, inventore del catetere - varato il 3 aprile precedente, che aveva preso il posto di Nicola Maresca Donnorso. Era stato approvato perché ritenuto meno radicale rispetto alle proposte paventate dopo le consultazioni con Aurelio Saliceti, giureconsulto originario di Ripattoni di Teramo, classe 1804, tra i più noti del periodo.

Il monarca aveva sostituito Troja con un governo composto esclusivamente da elementi conservatori a lui più consoni, presieduto da Gennaro Spinelli che, da diplomatico di carriera, aveva anche conservato per se stesso il dicastero degli Esteri, e comunque il suo profilo politico forniva massima garanzia, al re, di poter sedare gli animi più democratici. Al posto della precedente, ritenuta più discrezionale, il sovrano proponeva questa formula di giuramento (nella foto particolare del testo, nella prima pagina del Giornale costituzionale del Regno delle due Sicilie, del 16 maggio 1848) che fu approvata dalla maggioranza dell'assemblea: «Prometto e giuro innanzi a Dio fedeltà al re costituzionale Ferdinando II. Prometto e giuro di compiere con il massimo zelo e con la massima probità ed onoratezza le funzioni del mio mandato. Prometto e giuro d'essere fedele alla Costituzione quale sarà svolta e modificata dalle due Camere d'accordo con il re, massimamente intorno alla Camera dei Pari, com'era stabilito dall'art. 5 del programma del 3 aprile».

Sostanzialmente Ferdinando II non cedette alle richieste perpetrate dalle frange più estremiste dei rivoluzionari, che si erano riunite a Palazzo Orsini di Gravina. Si verificarono moti rivoluzionari, annunciati, alle undici del mattino, con una fucilata fatta partire dalla chiesa di San Ferdinando come segnale di inizio della lotta. Sulla reggia fu issata la bandiera rossa e le artiglierie cominciarono a bombardare dalle fortezze. Le cannonate distrussero diciassette barricate, innalzate per lo più nella centrale via Toledo e lungo le strade limitrofe. Si contarono 2mila morti. Il palazzo Orsini Gravina, principale sede della congiura anti-borbonica, venne dato alle fiamme e distrutto proprio quel 15 maggio. Fu devastato a tal punto che l'anno successivo sarà necessario ricostruirlo, affidando i lavori al progettista Gaetano Genovese e a Benedetto Lopez-Suarez, ingegnere di corte. Il 15 giugno successivo ci saranno le nuove elezioni per la camera.