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17 Settembre

Oggi, ma nel 1992, a Santa Flavia, in provincia di Palermo, gli uomini d'onore Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Antonino Gioè, su mandato del boss di Cosa nostra Totò Riina, uccidevano con un colpo di pistola al petto, il vicecapo della famiglia mafiosa di Salemi Ignazio Salvo (nella foto, al momento dell'arresto, per associazione mafiosa, il 12 novembre 1984), cugino di Nino Salvo, davanti al cancello di casa. L'omicidio, che seguiva quello del notabile democristiano Salvo Lima, fatto fuori il 12 marzo precedente nel capoluogo siciliano, era motivato, come per Lima, dal non essere riuscito a far annullare come promesso, in Cassazione, a Roma, il 30 gennaio '92, la sentenza del cosiddetto maxiprocesso ai vertici della cupola, che includeva anche lui tra i condannati (a 3 anni di carcere). Processo che prevedeva tra l'altro la conferma dei 19 ergastoli comminati in primo grado. Ma alla base del fatto di sangue c'era anche l'invio di un preciso avvertimento mafioso al leader Dc Giulio Andreotti. Nel 2004, nella chiesa palermitana della Regina pacis, su indicazione della vedova di Salvo, Giuseppa Puma, particolarmente attiva nei gruppi religiosi neocatecumenali della parrocchia, verrà apposta una targa commemorativa del marito. Ma questo creerà polemiche e nel 2009 il parroco Giovanni Basile, sostituto del precedente, don Aldo Nuvola, la rimuoverà mettendo al suo posto un crocifisso. @RIPRODUZIONE RISERVATA