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18 ottobre

Oggi, ma nel 1860, a Napoli, veniva fondato da Giuseppe Mazzini, che era esule a Londra, il quotidiano politico “Il popolo d’Italia” (nella foto, particolare della prima pagina del primo numero, contenente i propositi mazziniani redatti il 16 ottobre precedente), organo ufficiale dell’Associazione nazionale italiana. Mazzini agiva attraverso due suoi emissari, Filippo De Boni, di Caupo, frazione di Seren del Grappa, in provincia di Belluno, classe 1816, ed Aurelio Saffi, di Forlì, del 1819, inviati nella città partenopea proprio per organizzare la testata, che era stata definita “di sollevazione politico-morale”, che di fatto aveva il compito di sostenere il programma di Giuseppe Garibaldi.

L’Eroe dei due mondi era entrato sotto il Vesuvio con la spedizione dei Mille, per unificare l’Italia, il 7 settembre precedente, scalzando la presenza borbonica. La nuova creatura di carta e inchiostro, che era materialmente l’erede de “L’Italia del popolo”, il foglio che aveva resistito dal settembre 1849 al febbraio 1851, era diretta da De Boni, che a sua volta era coadiuvato da Saffi. Sarà un’avventura editoriale di gran conto. Per lo più era auto finanziata da Mazzini, ma comunque venderà 4mila copie al giorno. Diffonderà le idee dell’organizzazione, creata a Losana, nel 1849, proprio da Mazzini, quando era riparato in Svizzera. Associazione che a sua volta riprendeva le linee del movimento politico mazziniano Giovine Italia, che aveva visto la luce a Marsiglia, che era esistito tra il luglio 1831 e il maggio 1848, che si prefiggeva di trasformare l’Italia in repubblica democratica unitaria.

I lettori ai quali si rivolgerà “Il popolo d’Italia” saranno prevalentemente appartenenti alla schiera della cosiddetta sinistra risorgimentale. Ovvero: mazziniani, garibaldini e federalisti repubblicani. Il giornale agirà nel delicato periodo pre-unitario, con la Penisola accerchiata dalla monarchia sabauda del Regno di Sardegna, da quella borbonica nel Regno delle due Sicilie, schiacciata dalla ingerenza secolare del papato nella città del Vaticano, oppressa dall’influenza crescente asburgica.

Fin dalla prima edizione il pensiero rivoluzionario di Mazzini si poneva alla guida del movimento patriottico che riteneva nell’unificazione tricolore un dovere nei confronti di se stessi, per non essere più schiavi, e verso Dio, per consentire alla nuova religione, quella tanto auspicata del progresso, di rivelarsi agli uomini. “Il popolo d’Italia” uscirà, tra alterne fortune, fino al 5 luglio 1873, quando verrà chiuso, prevalentemente a causa della morte di Mazzini, che comunque rimarrà il principale animatore della testata, che avverrà il 10 marzo 1872. Anche se tecnicamente, già nel 1863 Mazzini cederà il giornale a Carlo Mileto, che ne sarà anche il direttore, fino al 1864, seppure con l’accordo di mantenere la medesima linea editoriale.