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18 settembre

Oggi, ma nel 1955, a Livorno, nella villa appartenuta a Bernardo Fabbricotti, in occasione delle onoranze cittadine al pittore livornese Amedeo Modigliani, venivano presentati al pubblico, per la prima volta, i disegni, con anche inediti, dell'artista, ritenuto, postumo, uno dei più grandi del XX secolo. In concomitanza con l'evento era stata bandita la prima edizione del Premio di cultura Amedeo Modigliani - Città di Livorno, finanziato dall’amministrazione municipale, guidata dal primo cittadino Nicola “Marco” Badaloni, filosofo marxista. L'iniziativa andrà avanti, annualmente, fino al 1960 e poi dal 1963 al 1967. Consentirà di arricchire la collezione civica, già forte di lavori di un altro pittore livornese illustre, Giovanni Fattori, tra i più virtuosi dell’Ottocento del Belpaese, di tele di pregio, realizzate da talenti del pennello nazionali come Vinicio Berti, Piero Guccione, Piero Martina, Titina Maselli, Giulia Napoleone, Mario Nigro, Armando Pizzinato, Aligi Sassu e Mino Trafeli.

 La trovata serviva anche per accompagnare la città toscana nel percorso, all’insegna di uno dei suo figli più celebri, di ricostruzione, dopo la devastazione portata dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale -dieci incursioni aeree, quelle più dannose, dal 16 giugno 1940 al 29 luglio 1944- con una parallela ricostituzione del tessuto culturale ed intellettuale, valorizzando la sperimentazione artistica contemporanea. 

La mostra dei disegni di Modigliani, in via delle Libertà, sede della biblioteca Labronica intitolata alla memoria di Francesco Domenico Guerrazzi, rimaneva a disposizione dei visitatori per un mese, fino al 18 ottobre successivo. “Dedo”, come lo chiamavano in famiglia, era morto, il 24 gennaio 1920, a Parigi, a 35 anni, consumato dalla tubercolosi e dagli stravizi di un’esistenza inquieta. Livornese, classe 1884, “Modì”, come era soprannominato tra i creativi della capitale francese, doveva la sua fortuna nel panorama della pittura non solo italiana e transalpina proprio al tratto lineare nel realizzare gli schizzi (nella foto, particolare, l’opera “Figura femminile seduta”, del 1918, matita su carta, di 31,3 per 22,5 centimetri, firmata in basso a destra, con timbro “AM” in basso a sinistra, stimata 30mila euro, già nella collezione Antonio Morassi di Venezia, dopo la donazione del parigino Robert Lebel, nel 1939) fuori dalle influenze dei movimenti del suo tempo, come il cubismo, futurismo, dadaismo e surrealismo. Purezza arcaica che aveva dimostrato anche nella scultura.