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19 novembre

Oggi, ma nel 1799, a Napoli, in Piazza mercato, veniva impiccato, a 29 anni, Vincenzio “Vincenzo” Russo, medico, avvocato, massone, patriota, esponente partenopeo di spicco del giacobinismo in difesa dei diritti dei più deboli contro lo strapotere borbonico. Era stato catturato, il 13 giugno precedente, dopo essere stato sorpreso con le armi in pugno, dall’esercito sanfedista capeggiato dal cardinale Fabrizio Ruffo, al servizio dei Borbone, appoggiato dagli inglesi. Quindi era stato imprigionato e condannato a morte dalla Giunta di Stato del regno di Napoli.

Russo (nella foto, particolare) era originario di Palma Campania, in provincia di Napoli, classe 1770, già commissario elettore del Dipartimento del Volturno e componente della Commissione legislativa nonché responsabile della Sala di istruzione pubblica della Repubblica napoletana, aveva cercato l’appoggio francese per innescare all’ombra del Vesuvio la rivoluzione sul modello di quella transalpina.

Nell’effimero periodo della Repubblica napoletana, proclamata il 22 gennaio 1799, aveva collaborato con articoli politici sulle colonne del Monitore napoletano, il giornale bisettimanale, uscito col primo numero il 2 febbraio di quell’anno, diretto da Eleonora Fonseca Pimentel, mandata al patibolo il 20 agosto precedente, sempre in piazza Mercato, insieme al principe Giuliano Colonna, all'avvocato Vincenzo Lupo, al vescovo Michele Natale, al sacerdote Nicola Pacifico, ai banchieri Antonio e Domenico Piatti, a Gennaro Serra di Cassano, figlio di Luigi, IV duca di Cassano.

L’opera principale di Russo era “Pensieri politici”, che era stata pubblicata, a Roma, l’anno precedente, il 1798, nella quale emergeva il suo ideale. In estrema sintesi credeva nell’avvento di una repubblica contadina -rifiutando in modo utopistico il commercio e lo sviluppo industriale- all’interno della quale ci fosse l’usufrutto a termine di un pezzo di terra di proprietà della comunità. Questo garantiva la reale indipendenza degli individui. Sosteneva che l’uguaglianza economica fosse la base per quella politica la quale, per potersi realizzare, doveva basarsi sull’organizzazione e sui principi dell’antica poleis greca.

Facendo riferimento a Platone, credeva che fosse importante che le città potessero essere in grado di garantire a tutti la partecipazione alla vita istituzionale. Riteneva, inoltre, che fosse fondamentale che tutti i cittadini potessero accedere all’istruzione pubblica di base. Dopo l’esecuzione capitale, durante la quale esclamava: “Io muoio libero e per la Repubblica”, il corpo di Russo verrà tumulato nella Chiesa di San Matteo Maggiore al Lavinaio, nel centro storico, fondata nel 1576. Col tempo il suo ruolo di ideologo della rivoluzione napoletana del 1799 e di componente del governo provvisorio della Repubblica partenopea verrà rivalutato. Anche grazie alla devozione popolare diverrà un martire del movimento giacobino italiano e della lotta civile per il riscatto contro il dispotismo monarchico. A Palma, il 16 giugno 2007, per i 237 anni dalla nascita, verrà apposta la targa commemorativa nel cortile della casa natale.