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20 settembre

20 Settembre 2025

Oggi, ma nel 2010, a Peschiera del Garda, in provincia di Verona, nel Canale di mezzo del lago di Garda, di collegamento al fiume Mincio, veniva rinvenuto dai carabinieri del nucleo operativo di Verona il corpo senza vita di Enzo Bellarosa, di 76 anni, di Carpi, agricoltore in pensione, ucciso, mediante soffocamento con un bustone di cellophane chiuso in gola, dal figlio Daniele Bellarosa, di 46 anni, magazziniere alla Cormo serramenti di San Martino in Rio, nel garage della sua abitazione di Carpi, al quarto piano del civico 2 di via Ragazzi del ’99, incaprettato, avvolto in cartoni tenuti col nastro adesivo, trasportato in macchina, la Volvo 740, in Veneto per un centinaio di chilometri percorrendo l’autostrada A4 “Serenissima” nel tratto Milano-Venezia, e quindi gettato in acqua.

Il giorno successivo verrà ripescato anche il cadavere della moglie Francesca Benetti, di 76, originaria di Novellara di Reggo Emilia, anche lei pensionata dopo essere stata lavoratrice della terra, fatta fuori ugualmente dal figlio, insieme al marito, con le stesse modalità, nel medesimo frangente e anche lei scaricata nella parte meridionale del Garda, in lungolago Giuseppe Garibaldi (nella foto, particolare). L’unica differenza era rappresentata dalle banconote, due rotoli, uno da 80 e l’altro da 120 euro di piccolo taglio, che lei aveva nel reggiseno, con buona probabilità per nascondere il gruzzoletto al figlio.

Quest’ultimo ammetterà, durante le sei ore d’interrogatorio, d’essersi ispirato alle fiction televisive di genere criminale. Nella settimana del duplice omicidio Daniele non era andato a lavorare risultando in permesso per malattia e nell’ultimo periodo stava assumendo psicofarmaci prescritti dal suo medico curante per migliorare lo stato depressivo verosimilmente causato o comunque peggiorato anche dal dover accudire i genitori non più autosufficienti, particolarmente il padre, con i quali viveva. Secondo le informazioni messe insieme dagli agenti delle forze dell’ordine e dalla magistratura il killer, oltre a disagi psichici, avrebbe avuto anche problemi con l’alcool e sarebbero stati già svariati i casi di perdita del controllo.

Le necessità economiche avrebbero influito notevolmente. Lui guadagnava 1300 euro mentre i genitori incassavano insieme 1400 di vitalizio. La testimonianza del fratello di Daniele, Valerio, non aggiungerà elementi utili a dipanare la matassa. Il 27 giugno 2012, in primo grado, l’assassino, reo confesso, verrà condannato a 20 anni di reclusione dal tribunale di Modena. Verrà esclusa la semi infermità mentale. La pena verrà confermata, in appello, il 24 ottobre 2013.