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21 MAGGIO

Oggi, ma nel 1961, a Verona, si chiudeva il primo convegno nazionale dedicato alla coltura della fragola, iniziato il giorno precedente, 20 maggio, promosso in collaborazione con la Camera di commercio, industria e artigianato veronese. Era un insolito simposio che destava curiosità in tutto il Belpaese, con ampio risalto sulla stampa non solo locale. Tra i dati che emergevano nel singolare incontro veneto vi era la posizione di predominio dell’Emilia Romagna per produzione, con le province di Bologna e di Ferrara in testa alla classifica regionale. Soprattutto le valli del Santerno, del Sillaro e dell’Idice, anche a 400 metri sul livello del mare, con 14mila tonnellate annue, prevalentemente della antica varietà Madame Moutot, detta anche “Fragola pomodoro” per la grandezza dei frutti, creata da Charles Moutot, nel 1906, nel giardino di Chateau Vanderbilt, a Carrières-sous-Poissy, in Francia.

Anche per questi motivi il secondo appuntamento dedicato alla fragolicoltura, l’anno seguente, 1962, il 9 e 10 giugno, si terrà a Imola, nel bolognese. Ancora, il dato importante che emergeva era la capacità della coltura della fragola di mitigare l’abbandono delle terre in posizione collinare e l’abilità nel trasformarsi da coltura consociata a quelle del pesco, dell’albicocco e dell’uva, a unica, in grado di garantire soddisfacenti risultati economici. Tali da spingere i proprietari terrieri a puntare su fragoleti detti in pieno campo.

Il primato emiliano-romagnolo sfiorirà negli anni ’80, dopo il sostanziale ridimensionamento dei ’70, non senza essere passato però attraverso l’importante boom del fragolone imolese. Ma si parlava anche della fragola di montagna di Peveragno, in quel di Cuneo, a 575 metri d’altezza (nella foto, particolare, coltivatori in piazza intenti a vendere il loro raccolto, con in testa il pioniere Luigi Macagno, detto “Louis da Réssia”, dall’archivio storico del Comune di Peveragno), inclusa la meno comune varietà bianca.

Tra gli interventi della due giorni veronese spiccava quello, del 20 maggio, di Enrico Baldini, direttore dell’Istituto di coltivazioni arboree del medesimo ateneo, intitolato “Attività sperimentale per la coltura della fragola”. In estrema sintesi l’accademico Baldini, di Massa Lombarda, classe 1927, già partigiano con la qualifica di capo squadra nel battaglione Oriente della quarta brigata Venturoli Garibaldi, destinato a divenire uno dei più autorevoli studiosi del settore, sosteneva come la fragola, negli ultimi 30 anni, fosse rimasta esclusa dagli studi italici sistematici di settore della frutticoltura e dell’orticoltura proprio per la posizione marginale occupata fino ad allora. Aspetto che si sarebbe modificando positivamente, a cominciare dal ruolo svolto dalle due giornate di confronto scaligere. Anche per questo motivo, gli atti del convegno veronese, di 229 pagine, che verranno stampati dalla tipografica Ghidini e Fiorini, di Verona, nel 1962, saranno ricercati tra gli studiosi e gli addetti ai lavori.