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21 settembre

21 Settembre 2025

Oggi, ma nel 1904, a Milano, si concludeva il primo sciopero generale nazionale, iniziato il 16 settembre precedente, promosso dal sindacato rivoluzionario di Arturo Labriola e dal Partito socialista italiano di Filippo Turati e indetto dalla Camera del lavoro milanese. Porterà all’indizione anticipata delle elezioni politiche, del 6 e del 13 novembre, che saranno caratterizzate anche dalla presenza dei cattolici.

La grande manifestazione (nella foto, particolare, la prima pagina del numero speciale proprio per il primo sciopero generale del quotidiano meneghino d’ispirazione repubblicana “L’Italia del popolo”, diretto da Innocenzo Cappa, erede della testata mazziniana del 1848, rifondata da Dario Papa il 7 giugno 1890) era stata voluta dalle organizzazioni dei rappresentanti dei lavoratori soprattutto come risposta all’uccisione, da parte dei soldati dell’esercito chiamati a ricomporre l’ordine pubblico, il 4 settembre precedente, di quattro minatori in rivolta nella cava sarda di piombo-zinco della società di Malfidano di Buggerru, nel Sulcis Inglesiente.

Ma anche a quanto avvenuto a Castelluzzo di San Vito Lo Capo, in quel di Trapani, in Sicilia, il 14 settembre, con due braccianti agricoli lasciati senza vita sul selciato dalle pallottole dei fucili dei carabinieri accorsi a sedare la rivolta dei contadini. Ed ancora all’episodio, risalente al 16 maggio di quel 1904, delle cinque vittime di Cerignola, nel foggiano, accoppate da esponenti della forza pubblica intervenuti a mitigare la dimostrazione popolare. Tutto nasceva dall’abrogazione del reato di sciopero mediante l’entrata in vigore del nuovo Codice penale, promulgato il 30 giugno 1889, quello del ministro di Grazia e giustizia Giuseppe Zanardelli del secondo governo presieduto da Antonio Starabba di Rudinì rappresentante della Destra storica.

Codice che spazzava l’estensione, avvenuta con l’unificazione del Belpaese, della normativa penale del regno di Sardegna che, all’articolo 386, prevedeva proprio la punibilità di «tutte le intese degli operai allo scopo di sospendere, ostacolare o far rincarare il lavoro senza ragionevole causa». Le risposte più significative, in termini di adesione e di partecipazione all’iniziativa si erano riscontrate, oltre che nel già menzionato capoluogo lombardo, anche a Genova, a Parma, a Torino, a Livorno, a Bologna, a Roma, a Palermo, a Catanzaro, a Brescia, a Biella, a Perugia e a Venezia.