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22 luglio

Oggi, ma nel 1894, da Parigi, partiva la Parigi-Rouen, gara automobilistica, sulla distanza di 126 chilometri, ritenuta la prima vera sfida del genere della storia dell'automobilismo internazionale. Il cimento, ufficialmente "per carrozze senza cavalli", seguito con grande interesse da curiosi ed appassionati presenti sul posto, era stato promosso dal quotidiano repubblicano e conservatore parigino Le Petit Journal, fondato nel 1863 da Moise Polydore Millaud, ed era stato promosso dal giornalista Pierre Giffard. Vi prendevano parte 21 veicoli, dei quali 13 con motore funzionante a petrolio e/o a benzina e 8 spinti a vapore. Tagliavano il traguardo 17 mezzi, 13 a petrolio e/o a benzina e 4 a propulsione a vapore. A vincere il premio da 5mila franchi previsto per il primo classificato era Albert Lemaitre, su Peugeot Type 7 Phaeton a petrolio, a 4 posti, con motore Daimler bicilindrico a V da 1.282 centimetri cubi montato posteriormente, che produceva 3,7 cavalli di potenza, che affrontava il tragitto a 19 chilometri orari di velocità. Legato a questo evento sportivo c'era anche un piccolo giallo. Relativo alla partecipazione di un mezzo e dell'equipaggio tricolore.

Il solo veicolo italiano iscritto al concorso, infatti, era il triciclo elettrico (nella foto, particolare del disegno originale del progetto) costruito, nel 1891, a Castelnuovo di Garfagnana, in provincia di Lucca, nello stabilimento tessile Manifattura Valserchio, del conte Giuseppe Carli, già deputato al Parlamento. Questa vettura però non era stata spedita in tempo utile e quindi, pur risultando tra le macchine iscritte, materialmente non poteva essere al via. Di fatto il congegno a tre ruote era stato bloccato alla dogana per intoppi burocratici. Problemi che, a detta degli esperti del settore motoristico, sarebbero verosimilmente stati pilotati dalla Francia per impedire al conte Carli di sfoggiare la sua avveniristica creatura. Sarebbe dovuto essere, infatti, lo stesso proprietario, l'industriale Carli, a guidare il triciclo nella prova su strada, coadiuvato dall'aiutante della sua attività imprenditoriale, l'ingegnere Francesco Boggio.

Nell'idea del conte Carli, la vetrina transalpina sarebbe stata fondamentale per far conoscere ed apprezzare la genialità della sua trovata. Prototipo che era stato costruito in tubi d'acciaio e legno e che era stato reso funzionante grazie a 10 accumulatori da 250 ampere complessivi. Il triciclo elettrico Carli aveva 1 cavallo di potenza, pesava 140 chilogrammi, disponeva di 10 ore di autonomia, la sua velocità di crociera era di 15 chilometri all'ora. Carli, vero precursore della mobilità sostenibile a corrente, verrà travolto dalla bancarotta dell'11 febbraio 1895 -con relativa vendita all'asta di ogni suo bene- conseguente ai problemi finanziari accusati dal suo istituto di credito toscano, il Banco Carli, ex Banco di sconto, e dall'essere decaduto, l'11 giugno 1894, da onorevole a causa di ravvisati brogli elettorali. "Ha più cause del conte Carli" diverrà un impietoso modo popolare di dire in Garfagnana e dintorni. Questi accidenti comporteranno anche l'accantonamento del piano di sviluppo della sua vettura elettrica. Quest'ultima rivivrà solo grazie alla copia a grandezza naturale, funzionante, realizzata, nel 2009, dagli studenti dell'Istituto professionale Simone Simoni di Castelnuovo in Garfagnana.