25 maggio

Oggi, ma nel 1975, a Milano, in via Pietro Mascagni, davanti alla sede dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, un gruppo di neo-fascisti accoltellava mortalmente Alberto Brasili, studente lavoratore di 20 anni, verosimilmente simpatizzante di sinistra, ma non direttamente iscritto ad organizzazioni o movimenti politici, mentre era insieme alla fidanzata Lucia Corna, che veniva solo ferita. Il giovane di giorno era addetto alle vendite nel negozio di antifurti elettrici in piazza Ernesto De Angeli e la sera frequentava l’istituto tecnico industriale di via Luigi Settembrini.
Il suo look era riferibile alla galassia dei militanti “rossi”, ovvero: capelli lunghi, barba, eskimo, jeans. Per giunta aveva staccato un adesivo elettorale del Movimento sociale italiano che era attaccato ad un lampione di piazza San Babila, abituale ritrovo dei missini, passandoci alle 22.30, e poi lo sticker era stato calpestato dal viavai di gente. Questi elementi avevano destato l’attenzione dei sanbabilini “neri”.
«Il giudice istruttore Giovanni Rampini - secondo quanto riporterà il quotidiano meneghino “Corriere della Sera” nell’edizione digitale del 27 aprile 2025, nel pezzo a firma di Andrea Galli, intitolato “Milano 1975, i capelli lunghi e un eskimo: per questo i ‘neri’ di San Babila uccisero Alberto Brasili, studente-operaio” - scriverà nell’ordinanza di rinvio a giudizio: ‘Un tribunale di coetanei ha deliberato la condanna a morte di Alberto Brasili in quanto responsabile ai loro occhi di palesare un orientamento politico opposto a quello da loro ostentato’. I coetanei rispondevano ai nomi e cognomi di Antonio Bega, Pietro Croce, Giorgio Nicolosi, Enrico Caruso, Giovanni Sciavicco».
L’assalto mortale, comunque, destava enorme clamore mediatico (nella foto, particolare, la bara di Brasili durante la cerimonia funebre nello scatto proveniente dall’archivio dell’Independent photo agency e pubblicato dal “Corsera” nel pezzo già menzionato) dopo le mattanze ai danni di Sergio Ramelli, del 13 marzo precedente, e di Claudio Varalli con Giannino Zibecchi, del 16 aprile, e servirà, tra l’altro, come spunto al regista Carlo Lizzani per girare il film per il grande schermo su quel particolare frangente degli anni di piombo vissuto nel capoluogo lombardo che sarà intitolato “San Babila ore 20: un delitto inutile”, e uscirà nelle sale cinematografiche del Belpaese l’anno successivo, 1976.