TODAY

26 gennaio

Oggi, ma nel 1902, a Pizzo Calabro, in provincia di Vibo Valentia, nella sala del Castello Murat, l’avvocato Domenico Mattei Squillacioti, influente notabile locale, teneva la sua originale conferenza sul divorzio. In tal modo introduceva l’argomento in una zona dell'Italia ancora non pronta a battaglie sul dissolvimento giuridico del matrimonio. Mattei Squillacioti, futuro commissario prefettizio del Municipio di Pizzo, nel 1926, s’inseriva nel più ampio discorso nazionale che prevedeva, già dall’anno precedente, con Giuseppe Zanardelli, di Brescia, classe 1826, esponente della sinistra liberale, presidente del consiglio dei ministri in carica, il disegno di legge che annoverava il divorzio. Lo prevedeva in caso di sevizie, di adulterio, di condanne gravi.

Ma proprio in quel 1902 l’iniziativa portata avanti da Zanardelli, già ministro dell’Interno, cadrà: con 400 voti contrari e solo 13 a favore, nonostante la prima approvazione da parte della Camera dei deputati. Ai fini dell’insuccesso, pesante sarà la critica da parte della compente politica vicina al clero. I cattolici, infatti, faranno pressione su Papa Leone XIII per ribadire l’inscindibilità e la sacralità del vincolo contratto con lo scambio delle fedi, sia davanti alla legge degli uomini che al cospetto di Dio. Quindi del divorzio, in sede istituzionale, non si parlerà più per trent’anni. L’orazione di Mattei Squillacioti si teneva in un luogo carico di significati evocativi nella lotta al sopruso.

Tra quelle mura fortificate vi era stato rinchiuso e poi fucilato, il 13 ottobre 1815, Gioacchino Murat, già luogotenente di Napoleone Bonaparte, ed ex re di Napoli, fatto giustiziare, per alto tradimento, dal sovrano Ferdinando I delle Due Sicilie dopo la restaurazione dei Borboni. Il discorso di Mattei Squillacioti verrà raccolto nel volume intitolato “Il divorzio”, che verrà pubblicato, in quello stesso 1902, dallo stabilimento tipografico di Vittorio Nicotera di Pizzo (nella foto, particolare del frontespizio della seconda edizione, quella del 1907).

Tentativi di aprire la via normativa all’istituto del divorzio erano già stati avviati precedentemente, ben prima dell’unità nazionale. Una proposta di legge in tal senso era stata presentata in Parlamento, nel 1878, dal deputato salentino Salvatore Morelli, di Carovigno, in quel di Brindisi. Quello di Morelli, che verrà ritenuto uno dei più importanti paladini dell’emancipazione femminile a livello globale, era stato un caso di primato europeo. Ma non aveva portato ad alcun risultato. Il suo sforzo progressista si era scontrato con le chiusure mentali del tempo e l’arretratezza del pensiero conservatore sulla condizione della donna all'interno della famiglia e la sua posizione nella società, soprattutto meridionale. Il divorzio verrà introdotto nell’ordinamento giuridico tricolore solo l’1 dicembre 1970, con la legge numero 898 dello stesso giorno, fortemente voluta dai parlamentari Antonio Baslini e Loris Fortuna, che passerà nonostante l'opposizione di forze politiche di rilievo come Democrazia cristiana, Movimento sociale italiano e Partito democratico italiano di unità monarchica.