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26 GIUGNO

Oggi, ma nel 1944, a Sangano di Bruino, in provincia di Torino, si consumava l’atto eroico del partigiano combattente Sergio De Vitis, di 24 anni, originario di Lettopalena, in quel di Chieti, già tenente del terzo reggimento Alpini.

De Vitis era collegato, dopo lo sbandamento dell’8 settembre 1943, al movimento resistenziale della zona come capo della banda “Sergio”, dal suo nome, su incarico, dal 12 settembre 1943, dell’ex maggiore degli Alpini Luigi Milano. Quest'ultimo, ufficiale decorato, era nativo di Lanciano, classe 1909, ritenuto l’iniziatore della resistenza in Val Sangone.

De Vitis moriva crivellato dal piombo nazifascista mentre tentava di attaccare la polveriera, che era situata sotto la montagna di Sangano, nella sortita programmata per sopperire alla grave carenza di armi degli insorti. L’estremo sacrificio di De Vitis meriterà la medaglia d’oro al valor militare, alla memoria.

Verrà sepolto prima nel cimitero di Sangano e poi i resti verranno traslati nell’ossario di Forno di Coazze, che verrà aperto il 4 novembre 1945 e il cui piazzale antistante sarà intitolato al maggiore Milano, medaglia d’argento al valor militare per la conquista di quota 852 durante la campagna in Montenegro, nel 1942.

Sarà dedicata a Sergio De Vitis la brigata partigiana numero 43 del Comitato di liberazione nazionale, divisione autonoma della Val Sangone, sotto il comando di Giulio Nicoletta (nella foto, particolare, a sinistra, proprio con De Vitis, a destra).

Anticipando il primo anniversario dell’uccisione di De Vitis, il 24 giugno 1945, nel luogo dell’assalto mortale, verrà eretto il cippo commemorativo a cura della sezione di Bruino e Sangano del Partito democratico cristiano.

De Vitis si era trasferito dall’Abruzzo a Frossasco, nel torinese, nel 1927, quando aveva 7 anni, insieme ai genitori Felice De Vitis, impiegato in una ditta privata, e Valeria Ellena, maestra elementare. Nel 1933 Sergio De Vitis era stato tesserato dalla madre nell’Azione cattolica locale. Come penna nera aveva prestato servizio nel quarto gruppo alpini Val Chisone, di stanza in Montenegro, insieme col maggiore Milano. Dopo l'armistizio di Cassibile aveva deciso di non aderire alla Repubblica sociale italiana non rispondendo al bando previsto per i militari di carriera.