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27 DICEMBRE

Oggi, ma nel 1896, a Palermo, sicari destinati a rimanere ignoti, sparavano, da dietro un muro con l’intenzione di colpire Giuseppina Di Sano, di 40 anni, proprietaria, con il marito, Salvatore Sansone, di 38, della bottega di generi alimentari della zona Giardino Inglese, al numero 20 di via Sampolo, ma uccidevano Emanuela Sansone, figlia dei titolari, di 17 anni. Verrà considerata la prima donna vittima di Mafia. Verosimilmente l’agguato rivolto verso Giuseppina Di Sano era la ritorsione contro l'ipotetica denuncia alle autorità, in particolare ai carabinieri, effettuata dalla donna ai danni di fabbricanti di banconote false del circondario. Emanuela Sansone (nella foto, particolare) era l’unica figlia femmina e aveva due fratelli, Salvatore, di 14 anni, e Giuseppe, di 12.

Dopo l’omicidio di Emanuela, la madre, che nella sparatoria era stata colpita ad una spalla, inizierà il suo percorso di collaborazione con la giustizia, in particolare con il questore palermitano Ermanno Sangiorgi, diventando la prima al femminile in quel ruolo. L’emporio, con il magazzino serviva, da 15 anni, anche da merceria e da bettola per gli avventori. La sparatoria si verificava alle 20, quando Di Sano stava pesando della pasta alla cliente Caterina Pirrone, di 36 anni. Inizialmente era parso un episodio accaduto per sbaglio o lo scatto d’ira di un pretendente della giovane, rifiutato in amore. 

Il “Rapporto Sangiorgi”, che beneficerà delle rivelazioni di Giuseppina Di Sano, sarà il faldone da 485 pagine manoscritte, suddiviso in 31 resoconti, vergato tra novembre 1898 e febbraio 1900, ed indirizzato al ministero dell’Interno, facente capo al presidente del consiglio dei Ministri Luigi Pelloux, che aveva mantenuto anche quel dicastero. Il volume rappresentava il primo quadro completo sull’opera di Cosa nostra in Sicilia e sul racket malavitoso della protezione a pagamento.