L'articolo sulla morte di Afro Rossi pubblicato in prima pagina sul quotidiano La Gazzetta di Reggio il 28 marzo 1955

TODAY

27 marzo

Oggi, ma nel 1955, a Castelnovo ne' Monti, in provincia di Reggio Emilia, nell'ospedale Sant'Anna, moriva Afro Rossi, di 43 anni, autista, segretario della Dc di Casina, che il giorno precedente, 26 marzo, era stato centrato ad un polmone da un colpo di fucile da guerra inglese Enfield sparato in quello che passerà alla storia come l'eccidio di Colombaia di Secchia, frazione di Carpineti, sempre in provincia di Reggio Emilia.

Sparatoria che si era consumata attraverso la finestra al piano terra dell'osteria di Domenico Vezzosi, durante i festeggiamenti per la vittoria della lista bonomiana alle elezioni per il rinnovo dei componenti per la cassa mutua dei coltivatori diretti del circondario. Pioggia di piombo che, tra i 37 avventori, era costata immediatamente la vita al presidente degli uomini di Azione cattolica di Casina, sempre in quel di Reggio Emilia, Giovanni Munarini, di 46 anni, commerciante gestore di un negozio di chincaglierie, già promotore della nascita dell'ufficio di collocamento di Casina. Ed erano rimasti feriti Gianpio Lognagnani, segretario della sezione scudocrociata di Vezzano, e  Umberto Gandini, rappresentante del Partito liberale italiano di Carpineti. Rossi, nello spirare (nella foto, particolare della notizia pubblicata sul quotidiano La Gazzetta di Reggio del 28 marzo 1955) perdonava espressamente il suo assassino, il mezzadro Guerrino Costi, reo confesso, che aveva agito per motivi politici, pregando i presenti di riferire ai suoi figli che avesse concesso il perdono al sicario e che loro facessero altrettanto.

Il killer, classe 1912, detto "asino sapiente", per la sua abitudine di essere immotivatamente saccente, era un esponente comunista della zona, ex partigiano, già tiratore scelto, che aveva agito contro gli esponenti cattolici rionali che avevano in animo di aprire anche a Colombaia una sezione della Democrazia cristiana, in accordo con il nuovo parroco, don Antonio Annigoni, anche lui presente a desinare nella locanda insanguinata.

L'11 marzo 1957 il sicario verrà condannato, in primo grado, a 28 anni di reclusione per il duplice omicidio. Pena che, in appello, verrà ridotta a 26 anni, che sconterà nel carcere di San Gimignano, in quel di Siena, dal quale uscirà, l'8 maggio 1976, con la libertà condizionale. Al funerale di Munarini e Rossi, il 29 marzo 1955, presenzierà anche l'onorevole Mariano Rumor, in rappresentanza della Dc nazionale, poiché il fatto di sangue aveva scosso notevolmente l'opinione pubblica del Belpaese ed era stato seguito dettagliatamente dai giornali.