28 gennaio

Oggi, ma nel 1986, a Cape Canaveral, in America, sopra l’Oceano Atlantico, alle 17.39 ora italiana, si disintegrava la navicella spaziale Shuttle Challenger denominata STS-51-L, 73 secondi dopo il lancio, per il guasto ad una guarnizione del segmento inferiore del razzo a propellente solido, uccidendo i sette componenti l’equipaggio della navetta, tutti statunitensi.
Ossia erano: Francis Richard “Dick” Scobee, di Cle Elum, del 1939, comandante, il più anziano del gruppo; Michael John Smith, di Beaufort, del 1945, pilota, veterano della guerra del Vietnam decorato della Distinguished Flying cross; Judith Resnick, di Akron, del 1949, ingegnere elettronico specialista di missione nonché seconda donna Usa nello spazio dopo Sally Ride che aveva ultimato il suo tentativo il 24 giugno 1983 sempre nello stesso cosmodromo, su STS-7; Ellison Onizuka, di Kealakekua nelle Hawaii, del 1946, ingegnere di volo dell’Aeronautica militare; Ronald McNair, di Lake City, del 1950, di origine afro, fisico dello “Hughes research laboratories”, il più giovane della squadra; Gregory Jarvis, di Detroit, del 1944, capitano dell’Air force; Christa McAuliffe, insegnante altamente selezionata per il progetto sperimentale “Teacher in Space”.
Quest’ultima, di Boston, di 38 anni, sulla cui inclusione s’era particolarmente focalizzata l’attenzione della collettività, benché addestrata, era la prima persona non strettamente del mestiere aerospaziale, a tentare un’impresa nel cosmo. Avrebbero dovuto lanciare il satellite necessario a studiare i colori della cometa di Halley. Tecnicamente la pressione aveva spaccato la saldatura presente tra due sezioni del serbatoio e la guarnizione principale, che avrebbe dovuto sigillare il foro, aveva perso elasticità per via del gelo che s’era accumulato durante la notte precedente. Poi i bordi dello squarcio avevano bloccato pure il funzionamento della guarnizione secondaria.
La sciagura (nella foto, particolare, la nube di fumo con al centro le fiamme che toglievano la vita ai sette malcapitati astronauti), che aveva una colossale copertura mediatica internazionale, destava enorme scalpore. Nel Belpaese soprattutto gli verrà dato ampio risalto sia da parte della stampa che dell’opinione pubblica. Il quotidiano milanese “Corriere della sera” titolerà, nell’edizione del giorno seguente, 29 gennaio 1986, «In diretta Tv ogni secondo della catastrofe», sottolineando, con il pezzo a firma di Giovanni Caprara, anche che il fatto avrebbe comportato lo stop delle operazioni per la Nasa.
Stimolando anche il dibattito sulla effettiva necessità di simili imprese e soprattutto sul costo, anche in termini di rischio per le vite umane, di insistere sulla ricerca volta a spingere oltre il limite di conoscenza dell’uomo oltre il pianeta Terra. Ma nonostante la disgrazia, il 28 settembre 1988, sarà eseguito il tentativo dello Shuttle Discovery STS-26 che però avrà esito positivo.