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28 Giugno

Oggi, ma nel 1989, a Carbonia, spariva Gisella Orru, studentessa di 16 anni dell'istituto tecnico Giovanni Maria Angioy, molto bella, che viveva in una palazzina popolare di via Giorgio Asproni con la nonna paterna Gina, alla quale era stata affidata, insieme alla sorella Tiziana, dopo la separazione dei genitori, che non se la passavano bene economicamente. Era fidanzata con Massimo, garzone in una macelleria del posto. Il cadavere verrà ritrovato, in fondo al pozzo del sifone da irrigazione di Punta Trettu (nella foto, durante le ricerche del corpo), sempre nel Sulcis, il 7 luglio successivo. La ragazza era stata uccisa con uno spillone o un ferro da calza che le aveva perforato il cuore. Dopo tre gradi di giudizio verrà condannato Salvatore Pirosu, che a giudizio degli abitanti del posto era un povero diavolo: nullafacente, assiduo frequentatore di prostitute, ossessionato dal sesso, con alle spalle una condanna per violenza sessuale, che conduceva una esistenza di espedienti e di piccoli traffici, dotato di un quoziente intellettivo al di sotto della media, conosceva bene le ragazze dei dintorni, frequentava la casa dove abitava Gisella perché aiutava in piccole faccende la loro nonna, che lo chiamava "zio Tore". L'omicidio risulterà essere stato compiuto, dopo il tentativo di violenza sessuale, perché Gisella si sarebbe ribellata. Alcune telefonate anonime -verificatesi nelle abitazioni delle due nonne, la materna e la paterna, il 28 giugno, il 7 luglio e pure il 14 luglio, dopo il recupero della salma- avevano condotto le forze dell’ordine sulle tracce degli assassini. Erano scattate così le manette per quattro persone: il già menzionato Pirosu, Licurgo Floris, meccanico, Giampaolo Pintus, tossicodipendente, Gianna Pau, prostituta. Tra i quattro era poi stato Pirosu a confessare. Anche se la sua versione non verrà considerata totalmente credibile dai magistrati. L'altra pista risulterà essere quella dei festini a base di alcool e droga nelle ville dei ricchi della cittadina mineraria. Gli stessi assassini che avrebbero approfittato dei quattro balordi per addossare loro la colpa dell'esecuzione per eliminare la giovane e scomoda testimone dell'eccesso della notte del 28 giugno '89. Per l'età della vittima e per il velo di mistero che per 30 anni avvolgerà la soppressione della "ragazza del pozzo" il suo caso sarà molto seguito a livello mediatico, non solo in Sardegna, ma in tutta Italia.

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