TODAY

29 aprile

Oggi, ma nel 1985, da Roma, su Rai due, alle 23, veniva mandata in onda la prima delle 32 puntate della trasmissione televisiva Quelli della notte, di e con Renzo Arbore. Era destinata a rivoluzionare le abitudini degli italiani, che normalmente si trovavano la fine delle programmazioni della televisione di Stato dopo l'ultimo telegiornale della sera. Arbore, che era anche il regista e l'ideatore dello spettacolo pensato con Ugo Porcelli, voleva portare sul piccolo schermo lo spirito goliardico già sperimentato con estremo successo nella trasmissione radiofonica Alto gradimento. A cominciare dalla sigla, scritta dallo stesso Arbore - che la cantava anche- con Claudio Mattone e che era destinata a rimanere impressa nella mente degli italiani oltre che nella storia nazional popolare del Belpaese fin dalle prime battute. Che erano queste: "Ogni giorno la vita/E' una grande corrida/(Ma la notte no!)/Ho il morale un po' grigio/Non c'é più il dentifricio/(Ma la notte no!)/Ogni giorno è una lotta/Chi sta sopra e chi sotta/(Ma la notte no!)/Il mattino è un po' grigio/Se non c'è il dentifricio/(Ma la notte no!)/Tu ti guardi allo specchio/E ti sputi in un occhio/(Ma la notte no!)/Poi comincia il lavoro/E dimentichi il cuoro/(Ma la notte no!)/Parli sempre e soltanto/Delle cose importanti/(Ma la notte no!)/E ti perdi la stima/Se non trovi la rima/(Ma la notte no!)/Ti distrugge lo stress/E dimentichi il sess/(Ma la notte no!)Che stress, che stress/Che stress di giorno/(Ma la notte n/o!)/Che stress, che stress/Che stress di giorno/(Ma la notte no!)/Che stress, che stress/Che stress di giorno/(Ma la notte no!) [...]".

La canzone, come le espressioni che usciranno da quella trasmissione laboratorio finiranno per influenzare il pensiero ed i modi di dire degli italiani. Come il famigerato slogan "separati in casa", di Pazzaglia. Oppure l'ovvio "Meglio essere ricchi e in salute che poveri e malati", di Catalano. O ancora il "Non capisco ma mi adeguo", di Ferrini. Altra caratteristica della creatura di Arbore era la quasi totale improvvisazione degli sketch, che si susseguivano tra nonsense e satira alla società, al mondo dello spettacolo, alla politica, con una sarabanda di personaggi surreali (nella foto, particolare). 

Nella maggior parte si trattava di esordienti, almeno nel contesto tv: Riccardo Pazzaglia, il filosofo partenopeo esperto di brodo primordiale, impegnato nel disperato tentativo di alzare il livello della trasmissione; Massimo Catalano, trombettista jazz e intellettuale viveur caprese dai ragionamenti lapalissiani; Nino Frassica infagottato nella tonaca di frate Antonino da Scasazza con i suoi improbabili nanetti, ovvero gli aneddoti, che sarebbero dovuti essere illuminanti, ma che invece lasciavano perplessi; Maurizio Ferrini, strambo rappresentante romagnolo di pedalò della ditta Cesenautica e comunista integerrimo dalle inclinazioni filosovietiche che vantava di poter svelare chissà quali segreti della Russia; i comici Simona Marchini, Marisa Laurito, Giorgio Bracardi che rappresentavano la garanzia di siparietti indimenticabili ed esilaranti; il lookologo Roberto D'Agostino che sfoderava i risvolti dell'edonismo reaganiano e non solo; il fine musicologo Dario Salvatori; Harmand, ovvero Andy Luotto travestito da arabo, che se ne usciva con polemiche infinite sciorinate in una lingua inesistente e che, a seguito della protesta dell'Associazione musulmani italiani nonché di minacce personali di morte, sarà costretto ad abbandonare quel personaggio. Solo nella prima settimana la trasmissione verrà seguita da 800mila telespettatori. Il 22 maggio successivo supererà i 2 milioni. Il 7 giugno 1985 lo share sarà del 51 per cento, ovvero oltre la metà dei televisori accesi d'Italia seguirà Quelli della notte. Un record.