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29 maggio

Oggi, ma nel 1927, a Bologna, nel quartiere Saragozza, davanti a 55mila spettatori, il sovrano sabaudo Vittorio Emanuele III, insieme all'infante di Spagna Alfonso di Borbone, principe delle Asturie, presenziava alla partita di calcio inaugurale del Littoriale, il primo vero stadio italiano.

L'incontro sportivo era Italia-Spagna, che terminava 2-0, con marcatura di Adolfo Baloncieri, al 31° minuto di gioco, e autorete di Manuel Prats, al 50°, davanti all'arbitro inglese Stanley Rous. La cerimonia (nella foto la stretta di mano e lo scambio floreale prima del fischio d'inizio della gara da parte dei capitani delle due formazioni: il portiere Ricardo Zamora per quella iberica, a sinistra, titolare nel Reial Club Deportiu Espanyol de Barcelona, e l'attaccante Baloncieri, a destra, proveniente dal Torino, per la compagine azzurra), dal chiaro significato politico, in realtà era la seconda inaugurazione dell'impianto. Poiché seguiva quella, altrettanto fastosa, avvenuta, il 31 ottobre 1926, alla presenza del presidente del consiglio Benito Mussolini e del ras bolognese del fascismo Leandro Arpinati. Nell'occasione il Duce era stato oggetto dell'attentato, verosimilmente eseguito dal quindicenne Anteo Zamboni, che era stato trucidato dalla folla proprio in concomitanza con l'agguato a colpi di rivoltella alla vettura che trasportava il figlio del fabbro di Predappio scortato dal sindaco Umberto Puppini.

L'attacco a Mussolini, che rimarrà uno degli episodi più misteriosi dell'epopea del Belpaese in camicia nera, porterà all'organizzazione del processo di Bologna ai danni dei parenti del presunto attentatore. Farsa giudiziaria che si consumerà davanti al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, presieduto dal gerarca abruzzese Guido Cristini, originario di Guardiagrele, in quel di Chieti, che era coadiuvato dal sostituto procuratore militare distaccato presso il Tribunale speciale Vincenzo Balzano, originario di Castel di Sangro, in provincia dell'Aquila. Processo che, il 7 settembre 1928, si chiuderà con la condanna, a 30 anni di reclusione, di Mammolo Zamboni e di Virginia Tabarroni, rispettivamente padre e zia del presunto anarchico Anteo.

Lo stadio della città felsinea, caratterizzato dalla statua equestre del Duce, in bronzo, posta di fronte alla nicchia dell'arco monumentale, realizzata da Giuseppe Graziosi fondendo tre cannoni sottratti agli austriaci durante la battaglia dell'8 agosto 1848, era uno dei più moderni d'Europa. Aveva, nello stile architettonico, la chiara impronta del ventennio in orbace. Il progetto era dell'architetto Giulio Ulisse Arata che lo aveva sviluppato insieme all'ingegner Umberto Costanzini. I lavori erano iniziati, con la posa della prima pietra da parte di Arpinati, il 12 giugno 1925, ed erano terminati il 29 ottobre 1926. La collocazione era in via Andrea Costa.