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30 gennaio

Oggi, ma nel 1945, a Roma, nella riunione del Consiglio dei ministri, presieduto dal socialista Ivanoe Bonomi, veniva approvata l’estensione del voto alle donne. La questione veniva esaminata con la maggioranza dei partiti che si dimostrava a favore, salvo liberali, azionisti e repubblicani. Decisivo, invece, era l’impegno di Democrazia cristiana, Partito comunista italiano, Partito socialista italiano di unità popolare. Il 24 gennaio precedente, in un’altra riunione capitolina del Consiglio dei ministri, la controversa questione era già stata sviscerata con attenzione.

L’1 febbraio verrà emanato il decreto legislativo luogotenenziale numero 23 che conferirà il diritto di esprimere la propria preferenza al seggio alle italiane che avessero compiuto i 21 anni d’età. Le uniche di sesso femminile escluse saranno le donne citate nell'articolo 354 del regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza: prostitute schedate che lavoravano al di fuori delle case dove era loro concesso di esercitare.

Non era prevista, invece, la possibilità in rosa di far parte dell’elettorato passivo. L’ipotesi per le donne di essere anche elette oltre che elettrici arriverà col decreto numero 74 datato 10 marzo 1946. Il percorso concreto, ovvero istituzionale, e non solo nelle piazze, che aveva portato alla conquista dell’importante risultato nell’articolato percorso di emancipazione del gentil sesso nel Belpaese passava attraverso la data del 10 marzo 1925. In quella occasione, alla Camera dei deputati, discutendo proprio dell'ipotesi di allargare il diritto di voto anche alle rappresentanti in gonnella, il deputato fascista Giacomo Acerbo, abruzzese di Loreto Aprutino, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, già propugnatore della legge elettorale "Acerbo" che, il 6 aprile 1924, aveva consegnato la Camera a Benito Mussolini, aveva tracciato l’excursus. Era partito facendo riferimento all’iniziativa del 1906 promossa, in Parlamento, attraverso il deputato socialista Salvatore Morelli, dalla giornalista ed attivista per la parità dei sessi Marianna “Anna Maria” Mozzoni.

Le prime elezioni alle quali le donne verranno chiamate a votare saranno le amministrative del 10 marzo 1946. Le prime consultazioni politiche si terranno il 2 giugno 1946 (nella foto, particolare, donne in fila in un seggio milanese, dall’archivio storico dell’agenzia fotogiornalistica Farabola), contestualmente al referendum istituzionale che porterà a scegliere tra monarchia e repubblica. Alle prime tornate vi saranno donne elette nelle amministrazioni locali, come Gigliola Valandro, esponente della Democrazia cristiana, e Vittoria Marzolo Scimeni, altra rappresentante Dc, a Padova, Jolanda Baldassari, sempre dello scudo crociato, e Liliana Vasumini Flamigni, del Partito comunista italiano, a Forlì. Alle già menzionate elezioni del 2 giugno 1946, per l'elezione dei deputati dell'Assemblea costituente, le donne che rientreranno saranno 21.