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30 MARZO

Oggi, ma nel 1856, a Parigi, Camillo Benso, conte di Cavour, e Salvatore Pes, marchese di Villamarina, rispettivamente presidente del Consiglio dei ministri e ambasciatore in Francia, entrambi per il regno di Sardegna, partecipavano alla firma del trattato che concludeva quanto deciso dalle nazioni uscite vittoriose dalla guerra di Crimea. Si trattava di Regno Unito, Impero ottomano, il Paese ospitante, la piccola entità savoiarda, Austria-Prussia, ai danni della Russia.

Il conflitto, ritenuto il primo vero scontro armato moderno, era stato combattuto dal 4 ottobre 1853 all’1 febbraio 1856. Aveva avuto origine dalla contesa fra russi e francesi per il controllo dei luoghi santi della cristianità posizionati sul territorio della “Sublime porta”. Era stata l’epopea dell’assedio di Sebastopoli, della carica dei 600 di Balaklava, delle maniche di Lord Fitzroy Somerset, primo barone di Raglan, della “sottile linea rossa”, dell’infermiera Florence Nightingale, del fotoreportage di Robert Fenton, della battaglia della Cernaja e dell’eroismo del cannoniere piemontese Antonio Cuaz, delle affilate scimitarre turche.

Nella capitale transalpina, l’accordo di pace, che rientrava nel congresso parigino indetto dal 25 febbraio al 16 aprile di quel 1856, poneva le condizioni per la smilitarizzazione del Mar Nero, secondo l’articolo 11, con la conseguente perdita del posizionamento strategico per la flotta russa, la autonomia dei principati danubiani dalla Turchia, secondo l’articolo 23, la cessione della Bessarabia meridionale alla Moldavia da parte della Russia, secondo l’articolo 21. Contestualmente i plenipotenziari presenti (nella foto, particolare, da sinistra, i primi due in piedi erano Cavour e Villamarina), affrontavano anche la spinosa questione del diritto marittimo, soprattutto in tempo di guerra, che più volte aveva causato pericolose divergenze d’opinione tra imperi belligeranti e potenze neutrali. Tra i punti fondamentali veniva ribadita la non liceità della guerra corsara.