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4 GIUGNO

Oggi, ma nel 1944, a Roma, in località La Storta, sulla via Cassia, al 14° chilometro, nella rimessa della tenuta della famiglia Grazioli, veniva ucciso, con un colpo di pistola alla testa, dall’ufficiale delle SS Hans Kahrau, il sindacalista Bruno Buozzi, già deputato socialista, insieme ad altri 13 antifascisti prelevati dalla prigione di via Tasso, presumibilmente su ordine del capitano delle SS Erich Priebke, vice capo del comando della Gestapo nella Città eterna. Buozzi era stato arrestato, verosimilmente proprio su mandato di Priebke, il 13 aprile precedente. Delle 14 vittime, 12 erano italiane. Erano, oltre al già menzionato Buozzi: Gabor Adler, Eugenio Arrighi, Frejdrik Borian, Alfeo Brandimarte, Luigi Castellani, Vincenzo Conversi, Libero De Angelis, Edmondo Di Pillo, Pietro Dodi, Lino Eramo, Alberto Pennacchi, Enrico Sorrentino, Saverio Tunetti. L’eccidio si verificava durante la fuga dei tedeschi dalla Capitale, in concomitanza con l’entrata degli alleati americani. I funerali si terranno l’11 giugno successivo, nella chiesa romana del Santissimo nome di Gesù.

L’episodio della soppressione dei 14 prigionieri, tra i quali Buozzi (nella foto, il 13 giugno 1924, sul lungotevere Arnaldo da Brescia, luogo del rapimento di Giacomo Matteotti, mentre portava l’omaggio della Confederazione generale dei lavoratori), rimarrà un fatto, considerato di notevole importanza nella storia tricolore della fase finale del secondo conflitto mondiale, avvolto da dubbi. Tra le varie ipotesi i 14 sarebbero stati fatti fuori per far posto sul camion al bottino di guerra. Secondo altra pista, il Fiat Spa 38 R, con a bordo i 14 malcapitati, si sarebbe fermato per un atto di sabotaggio e il carico umano sarebbe diventato un peso del quale disfarsi rapidamente per poter riprendere la fuga.

Verosimilmente il mezzo militare con i 14 detenuti politici era atteso al nord, per volere di Benito Mussolini che sperava di riuscire a convincere Buozzi. Il Duce voleva avere un avallo sulla nuova legislazione sul lavoro della Rsi e riconquistare così parte dei consensi tra i metalmeccanici inferociti coi nazifascisti. Sarebbe stata una disperata manovra per assicurare una sorta di copertura politica alla conversione sociale attuata con la Repubblica di Salò. Buozzi, originario di Pontelagoscuro, frazione di Ferrara, classe 1881, parlamentare Psi dall’1 dicembre 1919 al 21 gennaio 1929, con l’ultima legislatura trascorsa in parte tra le fila del Partito socialista unitario matteottiano, aveva iniziato la sua attività a favore delle tute blu quando era parte delle maestranze, a Milano, prima delle Officine Marelli e poi della Bianchi. Nel 1911 era stato eletto segretario generale della Federazione italiana operai metallurgici, incarico che aveva mantenuto fino al 1926, quando “Ben” aveva sciolto la Fiom.