5 giugno

Oggi, ma nel 1945, a Roma, a Forte Bravetta, veniva giustiziato Pietro Koch, tristemente conosciuto come capo dei torturatori dei repubblichini e la sua fucilazione nella schiena, come da rituale riservato ai traditori della Patria, veniva filmata dal regista Luchino Visconti che era stato tra i malcapitati finiti sotto i ferri degli aguzzini di Koch che erano talmente feroci da aver disgustato coi loro metodi da seviziatori persino molti nazi-fascisti. Originario di Benevento, di 27 anni, di padre tedesco Otto Rinaldo Koch già ufficiale della Marina germanica, con un passato da ufficiale di complemento del secondo reggimento granatieri di Sardegna dopo aver abbandonato gli studi universitari di legge, era stato a capo della banda col suo cognome, ma che ufficialmente si chiamava Reparto speciale di polizia repubblicana, composta da 70 elementi, inclusi sacerdoti come Epaminonda “Ildefonso” Troya e Pasquino Perfetti, donne come Alba Giusti Cimini e Dusnella “Daisy” Marchi, attiva sia nella Capitale che a Milano nella fase terminale del secondo conflitto mondiale e inizialmente afferente al famigerato reparto speciale di sicurezza della Rsi di Mario Carità prima del lasciapassare del capo della polizia di Salò Tullio Tamburini. Koch (nella foto, particolare, immortalato proprio durante la scarica di piombo nell’immagine proveniente dalla collezione di Dylan Utley tratta dall’archivio digitale dello statunitense Museo nazionale della seconda guerra mondiale di New Orleans) si era consegnato agli esponenti delle forze dell’ordine l’1 giugno ed era stato condannato alla pena di morte, per aver commesso efferati crimini, il giorno precedente, 4 giugno. Era stato già arrestato, il 17 dicembre 1944, e rinchiuso nel carcere meneghino di San Vittore dal quale era riuscito ad evadere il 25 aprile.