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7 GIUGNO

Oggi, ma nel 1899, a Trieste, sul treno che tornava in città dal castello di Miramare, alle 19, il tedesco Eugenio Patch uccideva con un colpo di pistola alla tempia il triestino Edoardo Radivo, di 11 anni. Quest'ultimo tornava dalla gita nel sontuoso edificio fatto costruire nel 1860 da Massimiliano d’Asburgo-Lorena, già arciduca d’Austria e poi imperatore del Messico, dal 10 aprile 1864 al 15 maggio 1867. Il bambino era insieme alla madre, Caterina, e alla sorella maggiore, di 13 anni, Adele. Nel gruppo turistico c’erano anche Maria Shueider, Maria Scocier, amiche materne. La giovane vittima, salita per la prima volta su una carrozza, era intenta a guardare il mare dal finestrino ed era vestita alla marinara. L’arma utilizzata per il delitto era una automatica Browning, acquistata nell’armeria triestina di via San Nicolò.

L’assassino (nella foto, particolare, davanti alle forze dell’ordine che chiedevano conto a Patch del gesto risultato fatale a Radivo) era dottore in chimica e farmacopea, di 34 anni, nativo di Bröditz, in Sassonia. Secondo il pezzo rievocativo, scritto da Fabio Dalmasso, sul quotidiano triestino “Il Piccolo”, del 21 agosto 2017, intitolato “Uno sparo al marinaretto”, il vero nome dello sparatore sarebbe stato Antonio e non Eugenio, il cognome sarebbe stato Pach, senza la “t”, e l’età sarebbe stata di 31 anni invece che di 34. Non vi sarebbero stati motivi specifici di rivalsa dell'assassino contro la sua vittima, ma solo disturbi mentali.

Ne nasceva un caso di cronaca nera di grande risonanza mediatica. Pach aveva avuto la sua farmacia nel centro di Amburgo. Poi erano subentrati problemi con i clienti, anche causati dalla sua morbosa attenzione alle fanciulle. Inconvenienti che piano piano erano divenuti veri e propri disturbi di salute mentale. Così era stato costretto a chiudere l'esercizio e a liquidare l’attività già nel 1897. Pach era stato dimesso dal manicomio di Halle sulla Saale, dal quale aveva già tentato di evadere, e aveva raggiunto Trieste, cinque giorni prima del fatto di sangue, alloggiando nel rinomato Hotel Savoia Excelsior. La trasferta era stata affrontata su consiglio dei medici germanici, certi che il viaggio verso il sud, in riva all'alto Adriatico, avrebbe influito positivamente sulla guarigione e sul ritorno all’equilibrio psichico del loro paziente. Invece le cose erano andate drammaticamente in modo diverso.

Il 9 giugno, il funerale di Edoardo Radivo diverrà un evento cittadino, largamente partecipato, a sostegno della fine immotivata del piccolo e del dolore inferto gratuitamente alla sua famiglia. Il killer verrà rinchiuso nel tristemente noto ospedale psichiatrico di San Giusto e poi, dopo un periodo di osservazione, il 23 marzo 1900, verrà rispedito in Germania, per poter proseguire le cure nella struttura psichiatrica dalla quale era partito. Nello stesso 7 giugno 1899, sempre a Trieste, un altro tedesco, Ludwig Rapp, di 16 anni, figlio di un professore di ginnasio di Darmstadt, risaliva il sentiero del boschetto verso il colle del Cacciatore. Lo studente soffriva di “nevrastenia”, altrimenti chiamato esaurimento nervoso, e ciò lo portava a suicidarsi con un colpo di rivoltella alla testa. Era il proposito che aveva lasciato scritto nella lettera indirizzata ai famigliari. Come riporterà “Il Piccolo” nell’edizione dell’1 luglio successivo.