TODAY

8 APRILE

Oggi, ma nel 1944, in Val d’Orcia, Giovanni Battista Sbrilli, maresciallo dei carabinieri, in servizio alla stazione di Abbadia San Salvatore, in quel di Siena, insieme ad altri quattro militari, venivano scaraventati vivi nella foiba locale dai partigiani della zona.

Erano stati giudicati quali collaborazionisti dei nazisti. Il gruppo che animava la resistenza locale era attivo particolarmente sul Monte Cetona e aveva catturato i 5 uomini in divisa 5 giorni prima dell’esecuzione. Oltre a Sbrilli si trattava del vicebrigadiere e dell’appuntato dell’Arma che erano con lui a cercare i colpevoli di una rapina più due militi della Guardia nazionale repubblicana accorsi come rinforzi.

Quell’8 aprile i partigiani avevano deciso di liberarsi sbrigativamente dei prigionieri, presumibilmente per poter passare la Pasqua, che cadeva il giorno dopo, 9 aprile, con le rispettive famiglie, dopo un lungo periodo di impegno come combattenti per la libertà.

I corpi dei malcapitati scaraventati nella cavità carsica, simile ad una di quelle istriane, verranno recuperati nel 1949, contestualmente all’inizio del processo, che si svolgerà a Siena, che sarà avviato dopo le pressioni operate dalle famiglie delle vittime con le autorità dopo il termine del secondo conflitto mondiale. Il 19 gennaio 1953 i presunti colpevoli verranno condannati a 15 anni di carcere. La controversa vicenda, dove i componenti della resistenza di quel circondario della Toscana verranno a trovarsi nel ruolo degli aguzzini, desterà scalpore nel Belpaese.

Ilario Sbrilli, figlio di Giovanni Battista, racconterà la propria versione dell'omicidio paterno nel volume “La foiba della Val d’Orcia - 8 aprile 1944, la Pasqua di sangue”, che verrà pubblicato da Edizioni Eclettica, di Massa, nella ristampa, a cura di Silvia Neri, nel 2021, rispetto alla precedente versione di Grafica Ma.ro editore (nella foto, particolare, la copertina). L’episodio verrà accomunato a quello verificatosi a Roccastrada, in provincia di Grosseto, al famigerato pozzo dello Sprofondatoio, situato in località Aratrice, profondo 50 metri, dove, in una data non precisata, erano state fatte precipitare, mentre erano ancora in vita, 90 persone, scelte tra soldati tedeschi e militi repubblichini. Un'oscura faccenda, pianificata come ritorsione “rossa” dopo i fatti dell’8 settembre 1943.

La cavità verrà poi ricoperta di terra e sull’accaduto non ci saranno prove concrete se non fonti orali tramandate. Ne scriverà Vito Guidoni, fornendo la propria interpretazione, nel controverso libro “Cronache grossetane. Settembre 1943-giugno 1944”, pubblicato dall’Associazione famiglie dei caduti e dei dispersi della Repubblica sociale italiana, di Pisa, nel 1995. Tra non poche polemiche, entrambi i casi, quello della Val d’Orcia e quello di Roccastrada, più che destare l’interesse degli studiosi, per cercare di dipanare le tante ombre, verranno rispolverati per un uso politico della storia. Accadrà da parte di formazioni di centrodestra, in occasione del Giorno del ricordo, istituito il 30 marzo 2004, a decorrere dal 10 febbraio 2005, con cadenza ogni 10 febbraio dell’anno.