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9 DICEMBRE

Oggi, ma nel 1894, a Napoli, al Circolo filologico, veniva tributato onore all’abruzzese Silvio Spaventa, da Bomba, in provincia di Chieti, con la conferenza intitolata “Silvio Spaventa giornalista”, dedicata alla parte meno nota della sua esistenza terrena.

Essendo stata la sua vita incentrata prevalentemente sulla politica attiva, che si era svolta per una buona fetta proprio all’ombra del Vesuvio, prima della condanna a morte, mediante impiccagione, dell’8 ottobre 1852, come cospiratore contro la sicurezza interna del regno borbonico.

Il verdetto estremo era giunto dopo essere stato arrestato, il 19 marzo 1849, e rinchiuso nel carcere di San Francesco. Nella città partenopea aveva fondato il quotidiano “Il Nazionale”, il cui primo numero era uscito l’1 marzo 1848. Era un giornale -dato in abbonamento a dieci ducati l’anno e a un carlino a numero- destinato a divenire punto di riferimento dei liberali napoletani e non solo. Da non confondere con la testata fiorentina omonima, esistita dall’1 dicembre 1848 al 18 ottobre 1850, diretta da Celestino Bianchi.

A coadiuvare Spaventa nella redazione che affacciava su via Toledo c’erano Diomede Marvasi, per la cronaca, Giuseppe Colucci, per le riforme amministrative, Raffaele Ulisse, per la politica estera. Più uno stuolo di collaboratori di pregio come la meneghina Cristina Trivulzio di Belgioioso e l'abruzzese Vincenzo De Thomasis.

Gli articoli di fondo erano dei moniti ai ministri del re bomba, Ferdinando II, in favore della libertà e della nazionalità, come da proposito del foglio, fin dalla sua creazione. La sentenza capitale ai danni di Spaventa era poi stata commutata in ergastolo ed era stato recluso per sei anni nel penitenziario di Santo Stefano, fino all’11 gennaio 1859, quando la pena era stata trasformata in esilio perpetuo.

Ma grazie all’ammutinamento del piroscafo Stewart che avrebbe dovuto condurlo in America, era riuscito a raggiungere Torino, dopo essere stato sbarcato a Queenstown, nella baia di Cork, in Irlanda, il 6 marzo 1859, quindi passando per Londra era giunto nella capitale sabauda. Per poi rientrare a Napoli: come inviato di Camillo Benso conte di Cavour per preparare l’unità d’Italia. Gli atti della conferenza dedicata a Spaventa giornalista saranno pubblicati dall’editore napoletano Luigi Pierro l’anno successivo, 1895.

La prolusione era di Raffaele De Cesare -già articolista del milanese “Corriere della Sera”, dalla Santa sede, con la rubrica “Note Vaticane”- che riproponeva il discorso tenuto, il 3 giugno precedente, a Roma, nella sede della Società della stampa, presieduta da Ruggiero Bonghi, già direttore del quotidiano milanese "La Perseveranza", che aveva annoverato Spaventa (nella foto, particolare, nel ritratto di Giuseppe Rillosi, del 1877, olio su tela, di 93x122,5 centimetri, custodito nel Museo delle storie di Bergamo) -morto nella Capitale, il 20 giugno 1893, a 71 anni- non solo tra i soci, ma anche come presidente della corte d’onore.

La scelta di Pierro era dettata dalla volontà proprio di non discorrere solo della vita politica del fratello minore di Bertrando Spaventa. Quest’ultimo era stato sacerdote, filosofo, insegnante e deputato del regno d’Italia per quattro legislature, dal 18 febbraio 1861 al 3 ottobre 1876 nelle file della Destra storica. Schieramento del quale il fratello Silvio era stato uno dei massimi esponenti nazionali, come parlamentare, dal 18 febbraio 1861 al 22 ottobre 1890.