TURNO DI NOTTE

Il mondo finirà (di nuovo) nel 2050

Ci risiamo: la fine del mondo è vicina. A dirlo non sono le carte o i fondi di caffé ma un'analisi pubblicata dal Breakthrough National Centre for Climate Restoration — un centro di ricerca di Melbourne in Australia — che descrive il cambiamento climatico come «una minaccia su breve-medio termine all'esistenza della civiltà umana», e sentenzia che, se continuiamo a fare finta di niente, è probabile che non ci sarà un calendario di Frate Indovino per il 2051. Quella di pronosticare la fine del mondo è una fissazione dell’umanità con radici antichissime. Già nel 1182 il beato Gioacchino da Fiore, basandosi sui 1260 giorni descritti nell'Apocalisse, predisse il 1260 come ultimo anno dell’umanità. Fu più preciso il fondatore del Metodismo, il reverendo John Wesley che, sempre in base agli stessi calcoli, giunse alla conclusione che il mondo sarebbe andato definitivamente in malora il 18 giugno 1836. Per venire a previsioni più vicine a noi, l’ex vice presidente degli Stati Uniti, Al Gore, nel 2009 predisse che la calotta polare artica sarebbe scomparsa, nel giro di 5 o 7 anni. Invece siamo ancora qui, sebbene un po’ malconci. Certo, prima o poi, qualcuno ci azzeccherà. Ma per il momento è ancora buona la risposta di Mark Twain a un giornale che lo aveva dato per dipartito: «La notizia della mia morte è alquanto esagerata».

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