Gabriele Gravina

PALLA AL CENTRO

La lezione incompresa di chi sa solo litigare

Porterà al calcio giocato con le semifinali di ritorno della coppa Italia. Non sarà calcio vero - quello con gli stadi pieni - ma una grande conquista a ripensare alle prospettive di poco più di un mese fa. C’è da essere contenti. Sulla scia della Germania anche l’Italia riavvia il motore del mondo del pallone. Con una differenza: non riusciamo a goderci questa gioia, perché i presidenti dei club sono impegnati a litigare. Non li ha intimoriti nemmeno lo spettro del fallimento, perché quello sarebbe stato l’orizzonte in caso di sospensione definitiva. Scampato il pericolo, hanno ricominciato a bisticciare su tutto. Ognuno a caccia di un tornaconto personale o di un vantaggio, ignari che l’unica salvezza è il bene del calcio. Tutti pronti a sgomitare, mai disposti a fare un passo indietro per migliorare il movimento. E così c’erano presidenti che speravano nel Covid 19 per mitigare un’annata negativa: campionati bloccati e niente retrocessioni. Gente che, in buona sintesi, si augurava di lucrare sulla pandemia. In questo contesto l’unico rimasto con la barra dritta è stato Gabriele Gravina, il presidente federale che, non a caso, ha raccontato di essere stato costretto a combattere per la sopravvivenza del calcio tra mecenati e cialtroni. Ogni giorno un dubbio o un problema. Negatività a piene mani. E così ora i presidenti, anziché essere soddisfatti di poter salvare una buona fetta dei ricavi, vogliono sempre di più. Insaziabili. Addirittura chiedono il blocco delle retrocessioni se si dovesse di nuovo interrompere il campionato. Impensabile che, oggi, possa passare questa linea in consiglio federale dopo che lo stesso ha obbligato la serie C a giocare pur di mantenere fede al principio che i verdetti dei tornei professionistici debbano maturare sul campo. Ma è sintomatico il fatto che si litighi su un’ipotesi che tutti si sentono di scongiurare. La curva epidemiologica infonde fiducia, si parla di far tornare gradualmente i tifosi allo stadio, la Figc chiederà al governo di alleggerire le restrizioni nel protocollo (in primis l’isolamento per 15 giorni di tutta la squadra in caso di una positività), eppure i presidenti pensano al blocco delle retrocessioni nel caso la pandemia torni a far paura. Strano ovunque, non in Italia dove non si riesce ad avere una visione a medio termine. Dove tutti si beccano come galline in un pollaio senza che il gallo riesca a cantare.

@roccocoletti1

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