Adesca una minorenne: va a processo 

Trentaseienne molesta la ragazzina amica della figlia del suo datore di lavoro. Foto e messaggi scoperti dalla mamma di lei

LANCIANO. Ne aveva carpito la fiducia con le lusinghe. Poi era passato ai fatti ottenendo da lei, 13enne, foto nude. E sarebbe riuscito nell’intento di avere un rapporto sessuale con la ragazzina se la madre di quest’ultima, attenta e premurosa, sospettando qualcosa, non avesse poi scoperto tutto, chat e foto, bloccato e denunciato l’uomo. Ora il 36enne adescatore andrà a processo con rito abbreviato il 4 maggio prossimo con l’accusa di molestie sessuali su una minore.
L’uomo avrebbe messo in atto in un mesetto (17 febbraio-2 marzo 2018) condotte idonee e dirette in modo non equivoco a compiere atti sessuali con l’adolescente, amica della figlia del suo datore di lavoro. Secondo le indagini della Procura infatti, 36enne avrebbe conosciuto la 13enne proprio sul posto di lavoro, in un paese sangrino, quando lei andava a giocare e s far visita all’amichetta, figlia del suo datore. La nota, se ne invaghisce, tenta un primo approccio, e poi riesce ad avere il numero di telefono della 13enne. Inizia così il suo “gioco” su WhatsApp. Le fa delle lusinghe. Poi inizia a chiamarla “amò”, “amore mio” e ne carpisce la fiducia. Alza il livello delle richieste: vuole che le invii tramite WhatsApp fotoche la ritraggono nuda o in vesti succinte. La 13enne finita nel gioco perverso, tra lusinghe e primi amori, gliele manda. L’uomo, non pago, le invia pure le sue nudità, commentando in modo ardito se sapeva cosa avvenisse tra un maschio e una donna. Riesce a incontrare la ragazza pochi minuti vicino casa. Continua a bombardarla di messaggi a sfondo sessuale, volti a ottenere un appuntamento con lei per avere un rapporto sessuale.
Il 36enne che era riuscito ad aggirare e circuire la ragazza, non aveva però fatto i conti con la madre della 13enne. Gli occhi di una mamma sanno leggere nel cuore di un figlio; le orecchie percepiscono la minima alterazione del tono della voce. Così, controllando il telefonino della figlia, scopre le attenzioni morbose e pedofile del 36enne. Messaggi e foto hot che andavano dal 17 febbraio al 2 marzo 2018. Si dirige in caserma e denuncia l’uomo ai carabinieri. È la madre a sventare il tentativo di violenza: infatti nel capo di imputazione è specificato che “l’evento sessuale non si è verificato per cause indipendenti dalla sua volontà, segnatamente per l’intervento della madre della minorenne”.
Con i social controllare tutto non è facile per un genitore, mentre è facile essere adescati, soprattutto da persone più grandi prive di scrupoli. Il 4 maggio ci sarà la sentenza nei confronti del 36enne, che sarà giudicato con il rito abbreviato, accolto dal giudice Giovanni Nappi. (t.d.r.)
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