Ai domiciliari i tre dell’ascia Ma le indagini proseguono

Lasciano il carcere Pellerani, Santoro e Maranca dopo l’aggressione all’operaio I legali chiedono la scarcerazione anche per i “rivali” Lattanzio e Scafetta

VASTO. Escono dal carcere di Torre Sinello Yari Pellerani, 28 anni, Antonio Santoro, 27 anni e Marco Maranca, 33 anni. Il Gip, Anna Rosa Capuozzo, ha accolto le richieste degli avvocati Elisa Pastorelli e Giovanni Cerella e ha concesso ai tre gli arresti domiciliari. Pellerani e i suoi amici furono arrestati dalla polizia il 6 giugno con l’accusa di tentato omicidio.

A raccontare i 54 drammatici secondi di cui sono stati protagonisti è stato l’obiettivo di una telecamera. Il filmato parte dall’ingresso al bar di un operaio, Michele Lattanzio. «L’uomo vede una persona, esce in fretta e sale sull’auto di un amico. Arriva Pellerani, gli ordina di scendere e comincia a colpirlo con un’ascia», ha raccontato di recente la polizia nel corso di una conferenza stampa. «Purtroppo nessuno dei testimoni presenti alla scena è stato di aiuto», hanno aggiunto.

Davanti alle immagini, tuttavia, la Procura ha chiesto e ottenuto in 48 ore l’arresto dei tre aggressori. La polizia ha contestato la premeditazione. Secondo gli investigatori Pellerani avrebbe riconosciuto uno dei due uomini che il 9 aprile cercarono di ucciderlo. L’operaio ferito è stato infatti arrestato a sua volta dai carabinieri per tentato omicidio l’8 giugno insieme a Fabio Scafetta. Sarebbero loro i presunti autori dell’agguato in moto a Pellerani. «Non c’è mai stata alcuna premeditazione», afferma l’avvocato Elisa Pastorelli. «Pellerani ha agito d’istinto. La prova è che era a volto scoperto. Non ha usato un’ascia ma un oggetto che aveva in auto», spiega l’avvocato.

Da parte loro Lattanzio e Scafetta negano addirittura di conoscere Pellerani. Lo hanno ripetuto entrambi al Gip Caterina Salusti nel corso dell’interrogatorio avuto in carcere. «Però uno dei due era pronto a lasciare l’Italia», hanno rimarcato i carabinieri.

La vicenda è destinata a regalare altri colpi di scena. Di sicuro non è affatto conclusa. Le tracce biologiche trovate dalla Scientifica sulla moto Ducati risultano appartenere a Lattanzio e Scafetta, ma i due operai potrebbero essere stati semplici esecutori materiali. La sparatoria potrebbe essere stata ordinata da una terza persona. Gli investigatori tacciono ma probabilmente hanno scoperto anche il movente della presunta faida e stanno cercando il mandante.

Intanto i difensori di Scafetta e Lattanzio, gli avvocati Raffaele Giacomucci e Alessandro Orlando si sono appellati al Riesame per ottenere la scarcerazione dei loro assistiti.

Paola Calvano

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