«Angelini, 100 milioni finiti alle Antille»
I pm: il tesoro è nascosto nelle isole olandesi. Spuntano un nuovo indagato e uno yacht. L’ex re delle cliniche: «Tutto falso»
CHIETI. Il tesoro di Vincenzo Angelini, l’ex re delle cliniche private, sta nelle Antille olandesi, uno dei tanti paradisi fiscali. Cento milioni di euro che, secondo la procura, rappresenterebbero i soldi della bancarotta fraudolenta, distratti dalla massa fallimentare e tolti ai creditori, compresi i dipendenti della casa di cura Villa Pini. Ieri il pubblico ministero Giuseppe Falasca, alla ripresa del processo per il crac da oltre 200 milioni di euro di quello che costituiva un impero, ha chiesto al tribunale, presieduto da Patrizia Medica, l’ammissione tra i testimoni del tecnico commercialista e dell’esperto informatico che stanno lavorando alla nuova inchiesta. Il collegio si è riservato di decidere all’esito dell’istruttoria dibattimentale. Anche se in un primo momento non aveva ammesso le nuove prove in quanto riferite ad Angelini, già imputato di bancarotta fraudolenta. Ma alla fine dell’udienza il pm ha riformulato la richiesta in modo più corretto e i giudici si sono riservati di decidere a conclusione del dibattimento. Intanto per concorso in bancarotta fraudolenta, compare un nuovo indagato. Si tratta di Marco Rovella, di Francavilla, il commercialista che, secondo la procura, avrebbe illegalmente esportato i 100 milioni nelle Antille olandesi. Conclusione alla quale gli inquirenti sono arrivati attraverso lo studio dei computer di Angelini.
«É falso. L’unico rapporto che ho con le Antille olandesi», ha detto Angelini ai margini di una prima parte dell’udienza, «sono riferiti al 1991 quando acquistai una barca di 26 metri in un cantiere navale di Ostia che ho chiamato Stella di Mare. Poiché la legge, allora lo consentiva, ho immatricolato detta barca sotto la bandiera delle Antille olandesi, che altro non è che una estensione dell’Olanda. L’unico rapporto economico che avevo con tale posto era costituito da un versamento annuale di 2400 dollari americani che mandavo all’ufficio che si occupava della tenuta dei registri contabili del natante. Sfido la procura», incalza Angelini, «e i suoi consulenti a trovare una pista vera e tracciabile del trasferimento di questa somma». «Ma secondo voi, se avessi questi soldi», dice Angelini, «starei qui?».
L’ex magnate della sanità privata era l’unico imputato presente in aula. Assenti la moglie Annamaria Sollecito, la figlia Chiara e i componenti del collegio dei revisori dei conti Lorenzo Appignani, Guglielmo Ascione, Eugenio Fermo, e Giovito Di Nicola.
Alle 10,20 il principale imputato ha salutato i giudici e lasciato l’aula.
A rappresentarlo gli avvocati Sergio Menna e Iole Di Bonifacio. Seduti al tavolo della difesa con l’avvocato Giovanni Di Biase che assiste i revisori dei conti. Al tavolo dell’accusa oltre a Falasca c’era il procuratore capo Pietro Mennini e l’avvocato Pierluigi Tenaglia che cura gli interessi dell’Unicredit, banca che si è costituita parte civile contro Angelini per un credito di circa 110 milioni di euro.
L’udienza di ieri doveva rappresentare una sorta di formale conferma delle testimonianze dell’accusa già rese in una precedente udienza, in quanto è cambiato un giudice nella formazione del collegio giudicante. Protagonista principale il consulente della procura Sergio Cosentino che ha ricostruito tutta la bancarotta del gruppo Villa Pini dove la Novafin, holding del gruppo, rappresentava una sorta di tesoreria vuota dove i padroni di Villa Pini versavano i soldi delle prestazioni sanitarie che però in realtà andavano nei conti privati di Angelini.
Tra i testimoni anche Glauco Angeletti, della sovrintendenza archelogica regionale, chiamato dalla procura per fare una valutazione dei gioielli, opere d’arte, pitture, sculture mobili una volta di Angelini andati all’asta una volta di Angelini. L’esperto ha confermato la discrepanza tra la sua valutazione e quelle della curatela fallimentare a suo parere fatta al ribasso. «Solo per fare un esempio», ha detto l’esperto, «un sarcofago del 1 secolo dopo cristo è stato valutato 40 mila euro. Un prezzo da Ikea».
Nuova udienza il 20 giugno.
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