Borrelli: i reparti chirurgici lavorino come prima

Atessa, il capogruppo consiliare del Mau e i tagli alla sanità nell’area frentana «Il nuovo ospedale di comprensorio? A Sant’Onofrio, ma discutiamone insieme»
ATESSA. Giulio Borrelli, capogruppo della minoranza consiliare, lei è stato promotore del consiglio comunale di Atessa di giovedì scorso, aperto al confronto tra dirigenti aziendali della sanità, sindaci e amministratori locali, forze politiche, medici e residenti. Come giudica il risultato del confronto, che ha avuto anche momenti accesi e di contestazione verso il mager Asl Francesco Zavattaro?
«Il tipo di confronto, unico nel suo genere, è un fatto positivo. È venuto fuori come stanno le cose. E le cose non vanno bene. Se non si compiono operazioni-verità, è difficile trovare soluzioni condivise a un problema gigantesco come quello della gestione della sanità nel nostro territorio. Non ce la si può cavare con la chimera dell’ospedale di comprensorio per coprire o attutire i tagli negli ospedali e nella sanità dell’Abruzzo meridionale, il territorio più penalizzato nella regione».
Zavattaro ha detto che Atessa resterà aperta per Lungodegenza e Riabilitazione. Per i pazienti acuti, in futuro, devono essere accorpati i posti letto e i reparti di Lanciano e Atessa. Non possono restare le unità semplici di Chirurgia e Ortopedia di Atessa, se nasce il nuovo ospedale.
«In attesa dell’ospedale di comprensorio, noi, come Movimento per Atessa Unita, chiediamo che i reparti chirurgici, fermo restando il discorso che la chirurgia maggiore debba essere effettuata in strutture con la Rianimazione, tornino a lavorare come in passato, con un numero di medici sufficiente. Tempo fa il primario chirurgo di Lanciano prese in prestito chirurghi di Atessa e promise di restituirli dopo l’estate: ciò non è mai avvenuto. Oggi il tasso di utilizzo delle sale operatorie è in calo, siamo all’80% per l’Ortopedia e 50% per la Chirurgia. Chiediamo di effettuare gli interventi di day surgery e week surgery di tutta l’azienda e di tutte le specialità chirurgiche ad Atessa, per sfruttare le risorse di questo ospedale e snellire il lavoro e le liste di attesa dell’ospedale di Lanciano e di tutta l’azienda. Tutti i giorni arrivano richieste di ortopedici di Lanciano di fare interventi minori ad Atessa, essendo indisponibili le loro sale operatorie perché occupate da urgenze. Ad Atessa ci sono tre sale operatorie: una è inutilizzata. Usare ciò che c’è, significherebbe dare certezze a utenti e operatori, soddisfare immediatamente chi fa richiesta di interventi chirurgici di minore entità e permettere agli ospedali più grandi di organizzare al meglio il lavoro».
Dove dovrebbe sorgere l'ospedale di comprensorio?
«Se nasce dalla fusione dei reparti di Lanciano e Atessa, come sostiene Zavattaro, e se si chiede ad Atessa di rinunciare alle sue unità chirurgiche, al momento dell’entrata in funzione della nuova struttura comprensoriale, lo vedo bene in Val di Sangro, a Sant’Onofrio, a 5 chilometri da Lanciano e a 15 da Atessa. Se, come dice Zavattaro, il Renzetti non vale la pena ristrutturarlo perché costerebbe troppo e non sarebbe funzionale, è bene proiettarsi in avanti, e discutere assieme, amministratori e cittadini di Lanciano, Atessa e del comprensorio. A Lanciano, naturalmente, va riconosciuta la golden share».
Il sindaco di Atessa, Nicola Cicchitti, vorrebbe includere nell’ospedale di comprensorio anche Vasto e costruire la nuova struttura alla foce del Sangro, a Fossacesia. Lei Borrelli come vede la proposta?
«Tutte le idee, in questa fase di dibattito, sono legittime. Vasto, nei progetti aziendali ha, però, un’autonomia, presidia la fascia meridionale dell’Abruzzo e ha già individuato la sua area, come richiesto dall’Asl. Rimettere tutto in discussione non so se porti vantaggi. Indicare quella zona vicino al Sangro, farebbe probabilmente la felicità di qualche agente immobiliare, ma complicherebbe la soluzione. Vasto non sembra disposta a valutare la possibilità di unire i reparti con Lanciano e Atessa».
La discussione è avviata. Lei pensa che porterà a una soluzione condivisa?
«Dal momento in cui dovessero essere approvati i finanziamenti, ci sono 18 mesi perché azienda e Comuni svolgano le pratiche che portino alla decisione finale. Un tempo breve, per le abitudini delle nostre burocrazie. Se la discussione è seria, io partecipo. Se è solo un espediente per far ingoiare medicine amare al territorio, dico: no grazie, abbiamo già dato. Voglio proposte e fatti concreti e verificabili».
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