Bussi, il processo dei veleni resta a Chieti oppure no?
CHIETI. Se il giudice Camillo Romandini e il resto della Corte d’assise hanno bevuto acqua dal rubinetto di casa non possono decidere le sorti degli imputati del processo per i veleni di Bussi. Che...
CHIETI. Se il giudice Camillo Romandini e il resto della Corte d’assise hanno bevuto acqua dal rubinetto di casa non possono decidere le sorti degli imputati del processo per i veleni di Bussi. Che da Chieti dev’essere trasferito altrove, per esempio a Campobasso. Lo sostengono i difensori dei 19 imputati ex Montedison e lo deciderà oggi la prima sezione della Cassazione. Il verdetto è per oggi. E da questo dipenderà un rito abbreviato, per reati gravi come avvelenamento delle acqua e disastro, entrambi dolosi, già segnato dalla ricusazione del presidente, Geremia Spiniello, per una frase ritenuta un giudizio su un’eventuale sentenza di condanna, e sostituito con il giudice Romandini. E oggi a rischio prescrizione (per il secondo dei due reati) fissata al 1° aprile del 2015 e di fatto inevitabile se la Cassazione accogliesse il ricorso per remissione del processo.
Così, alla vigilia del verdetto, e nel silenzio generale, l’associazione “Bussi ci riguarda” interviene puntando il dito dritto al cuore del problema. Che non è solo il processo al passato ma la sicurezza attuale e futura dei cittadini, oltre 400mila famiglie della Val Pescara che, fino al 2007, hanno bevuto acqua contaminata ma che neppure oggi possono dire se la discarica di veleni più grande d’Europa è stata messa in sicurezza. Così l’associazione dà l’aut aut al presidente della Regione e ai sindaci interessati «di pretendere analisi terze e indipendenti per conoscere lo stato delle acque contaminate dalla discarica».