Cocaina e minacce, 13 indagati: «Se non paghi ti strozzo con il braccialetto elettronico»

29 Giugno 2025

Un teatino di 34 anni gestiva il giro di droga direttamente dagli arresti domiciliari: «Quando i debitori non gli rispondevano, faceva telefonare una sua familiare»

CHIETI. «Ti strozzo con il braccialetto elettronico». Così, secondo le accuse, un teatino di 34 anni, il principale indagato in un’inchiesta della squadra mobile di Chieti su un maxi giro di droga, minacciava chi non pagava. Il pubblico ministero Giuseppe Falasca ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari: ora in 13 rischiano di finire sotto processo per una serie di episodi avvenuti tra settembre 2023 e dicembre 2024. L’uomo, all’epoca dei fatti agli arresti domiciliari, sempre in base alle contestazioni che devono ancora passare al vaglio di un tribunale, terrorizzava uno dei clienti che aveva accumulato debiti dicendo che lo avrebbe strangolato utilizzando il dispositivo di controllo elettronico che, generalmente, porta alla caviglia chi è sottoposto a una misura restrittiva.

A inguaiare gli indagati sono stati i sequestri di sostanze stupefacenti, i pedinamenti e le intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Le accuse sono sintetizzate in 24 capi d’imputazione. Tutto comincia quando un uomo si presenta dalla polizia e racconta che il 34enne pretende da lui il pagamento di somme di denaro, accompagnando le richieste con minacce di ritorsioni violente in caso di inadempimento.

La vicenda, secondo il denunciante, trae origine da un debito che lui ha contratto per alcune consumazioni in un bar che una dipendente (che deve rispondere unicamente di «tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni») gli ha concesso a credito per un totale di 150 euro. Ma la richiesta di ulteriori 500 euro da parte del ragazzo insospettisce gli investigatori, perché quel debito non ha alcuna connessione apparente con quello del bar. In considerazione dei precedenti del 34enne in materia di droga, i poliziotti ipotizzano che il denunciante gli sia debitore di quei 500 euro per la cessione non saldata di droga.

Partendo da questa tentata estorsione, la squadra mobile avvia intercettazioni telefoniche e riscontri investigativi che portano alla luce un articolato sistema di spaccio di hashish e cocaina. A gestire e coordinare il giro illegale, secondo le contestazioni, è proprio il giovane: direttamente dai domiciliari, grazie alla connivenza di complici, riesce a rispettare le prescrizioni (vale a dire non allontanarsi dalla sua abitazione) e, al tempo stesso, ad agire indisturbato per piazzare le dosi.

E non finisce qui: la cosa ancor più grave è che, forse per non dare troppo nell’occhio, il trentaquattrenne si avvale della collaborazione di almeno tre minorenni sia per consegnare la droga che per ritirare il denaro. L’indagine consente di svelare i suoi rapporti con altri personaggi inseriti nel mondo della cocaina e dell’hashish. Le intercettazioni portano alla luce anche le relazioni con alcuni clienti che non hanno pagato la droga. Ma molti debitori non rispondono al giovane perché conoscono il suo numero di cellulare.

E allora lui escogita un piano per ovviare al problema: coinvolge una familiare, le consegna un appunto delle persone da contattare per richiedere i pagamenti e manda avanti lei. Il 34enne è indagato anche per un secondo episodio di tentata estorsione (oltre a quello del cliente del bar): avrebbe minacciato un uomo per costringerlo a consegnargli 150 euro, ovvero il corrispettivo di 50 grammi di marijuana o hashish. Più nel dettaglio: gli ha comunicato via WhatsApp che, se non avesse ricevuto al più presto il denaro, sarebbe andato personalmente a chiederglielo non appena si sarebbe potuto allontanare dall’abitazione, oppure avrebbe mandato due familiari in giornata.

Davanti alle prime intimidazioni, la vittima ha una reazione estrema: «O mi ammazzo o denuncio il mondo», scrive in un messaggio inoltrato al teatino. Questi, preoccupato dalla replica sopra le righe del creditore, risponde con tono più conciliante, sostenendo che si accontenterebbe anche di un anticipo. Ma, nei giorni seguenti, davanti alla “morosità” persistente, i toni tornano a essere bruschi. Fino alla minaccia di cui sopra, ritenuta esplicita dal pubblico ministero.

©RIPRODUZIONE RISERVATA