Cassa integrazione all’Alimonti Arrivano le prime mensilità

Dall’Inps l’unico segnale di schiarita nella lunga vertenza sullo stabilimento di Caldari Pescara (Fai-Cisl): ma l’azienda entro fine luglio deve presentare il piano di ripresa
ORTONA. I circa 80 dipendenti ricevono le prime mensilità di cassa integrazione straordinaria dopo una primavera all’insegna delle tribolazioni familiari. Con tre rate di retribuzioni fino a maggio, è l’Inps a dare, dopo il rinnovo della Cigs avvenuto lo scorso marzo, il primo e unico segnale di schiarita nella lunga vertenza del Molino Alimonti, con lo stabilimento di Caldari che ha cessato da quasi un anno la produzione. Cancelli sbarrati e dipendenti a casa, mentre la trattativa al tavolo regionale presieduto dall’assessore al lavoro Paolo Gatti si trascina tra mille rinvii.
«Ci auguriamo che quello del 1° luglio scorso sia stato l’ultimo», attacca il segretario regionale di Fai-Cisl, Franco Pescara, «poiché l’azienda deve fornire entro fine mese il suo piano industriale di ripresa che andrà ratificato dal commissario incaricato dal tribunale fallimentare di Chieti che ha accettato il concordato preventivo chiesto dalla proprietà».
I tempi stringono verso l’imbuto delle settimane di ferie estive, termine entro cui la presentazione del piano dovrebbe portare all’omologazione del concordato. «Soltanto con il via libera alla proposta dell’azienda», osserva Pescara, «ci saranno le premesse per la riapertura dello stabilimento e la ripresa della produzione secondo il quadro di partnership che Alimonti ha assicurato come in via di definizione. Ma la pazienza dei lavoratori», annota il sindacalista, «è in esaurimento, visto che l’unico dispositivo che finora ha funzionato sono i soli ammortizzatori sociali. Per loro avremmo voluto di più, dopo mesi di trattative in Provincia per poi approdare in Confindustria e ora alla Regione».
Tra i segnali c’è da annoverare il ritorno al lavoro per un mese, fino alla scorsa settimana, per una decina di operai a rotazione che hanno proceduto alla pulizia e manutenzione degli impianti fermi dall’agosto del 2012. Un ciclo che l’azienda ha organizzato in vista della messa in funzione di macine, silos e impianti per il confezionamento di quello che dovrebbe essere il nuovo corso dello stabilimento in crisi dalla fine del 2010 per scarsa liquidità a sostegno della produzione. Al punto da registrare una discesa di fatturato a zero da circa 120 milioni di euro l’anno.
«È vero», spiega un dipendente cassintegrato, «c’è stata la chiamata al lavoro per alcuni di noi, ma a sentire un po’ tutti c’è aria di scetticismo sulla riapertura e il ritorno al regime produttivo di una volta, con l’impiego dell'intera forza lavoro attuale». Un suo collega sostiene che «comunque finisca questa vicenda, il rapporto tra l’azienda e i dipendenti non sarà mai più quello di una volta. Dai nostri datori di lavoro ci aspettavamo più partecipazione alle nostre difficoltà, e un atteggiamento più operoso per superare la crisi».
Francesco Blasi
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