Vasto

Catherine parla dalla casa famiglia: «Loro in una stanza, io al piano di sopra: i miei figli tristi, ma rimangono forti» //L’INTERVISTA ESCLUSIVA DEL CENTRO

21 Novembre 2025

«Dormo al piano di sopra, i miei bambini sono di sotto. Siamo nello stesso edificio, ma non possiamo stare insieme». L’intervista completa domani con il Centro in edicola

VASTO. «Dormo al piano di sopra, i miei bambini sono di sotto. Siamo nello stesso edificio, ma non possiamo stare insieme». Da ieri sera la vita di Catherine Birmingham e quella dei suoi tre figli - la bambina di otto anni e i due gemelli di sei - è racchiusa tra le mura di una struttura protetta a Vasto. Il tribunale per i minorenni dell'Aquila ha deciso: via dalla casa del bosco di Palmoli, via da quell’isolamento giudicato pericoloso. Ma per questa madre australiana di 45 anni, che per anni ha difeso la sua utopia senza scuola e senza medicine, l’incubo ha la forma di una scala di una casa famiglia che non può scendere quando vuole.

«Li ho visti solo ieri sera, poco prima che dormissero. Stamattina ho fatto colazione con loro, poi l’operatrice mi ha detto: "Per favore, vada di sopra". È la regola. Qui sono gentili, ma devono rispettare l’ordine del giudice». Il blitz è stato uno «choc totale». «Tutto troppo veloce», racconta Catherine. «Non abbiamo avuto nemmeno il tempo di salutare gli animali. Nathan e io non abbiamo avuto tempo per nulla».

Ora i bambini sono lì, in un ambiente che non conoscono, lontani dal bosco dove sono cresciuti. «Sono tristi, ma sono anche agitati, eccitati, iperattivi. È la loro reazione all’ansia, stanno scappando dai loro sentimenti, dal dolore. Ma sanno che la mamma è qui, e rimangono forti per questo». Catherine non si dà pace. Ripensa all’inizio di questa storia, a quel controllo dopo l’intossicazione da funghi che ha acceso il faro della Procura. «Dovevo essere più forte allora», ammette con amarezza. «Dovevo prendere subito un avvocato, invece di ascoltare chi diceva di assecondare i servizi sociali per far sparire il problema. Mi sono fidata, ed è stato un errore».

Respinge ogni accusa con orgoglio ferito: la casa era calda, c’era la stufa, l’acqua; i figli erano puliti, nutriti, educati a casa secondo la legge. «Non siamo criminali. Perché ci trattano così? Non riesco a capirlo. È una grande ingiustizia». Non tornerà a Palmoli, non adesso. Anche se potesse uscire, ha scelto di restare lì, in quella sorta di limbo, prigioniera di una libertà vigilata pur di non spezzare il filo. «Potrei andare via, sono libera, sono a posto con la legge. Ma non voglio. Io non lascio i miei bambini. Resto qui, al piano di sopra, aspettando ogni momento in cui potrò vederli ancora».

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