Chieti, avvocato morto in ospedale: condannato il medico

La morte di Roberto Barrucci trova un colpevole nella dottoressa di turno al pronto soccorso: sei mesi (pena sospesa) e risarcimento delle parti

CHIETI. Non fu un semplice errore medico, si trattò di omicidio colposo. La morte del noto avvocato Roberto Barrucci trova un colpevole nel medico di turno del pronto soccorso che lo ha preso in cura, la dottoressa Anna Carfagnini, ora in pensione. Il giudice Isabella Allieri l’ha condannata ieri a sei mesi (pena sospesa) e al risarcimento delle quattro parti civili con provvisionale di 20mila euro ciascuna. Si sono costituite parti civili le figlie dell’avvocato, Roberta (assistita da Massimo Di Vito) e Silvia (assistita da Italo Colaneri), la moglie, Anna Maria Nardone (assistita da Cristiano Sicari) e la sorella Pasqualina Barrucci, assistita dal figlio, e nipote dell’avvocato scomparso, Marco Ciammaichella. Il pubblico ministero Marika Ponziani aveva chiesto la pena di un anno. La Carfagnini era difesa dall’avvocato Vincenzo Margiotta.
La tragedia di Barrucci si consumò nella notte del 5 dicembre del 2012 quando l’avvocato accusò un forte dolore al petto e, da solo, si recò al pronto soccorso. Arrivò in pronto soccorso alle 3 della notte, alle 7.35 fu dichiarato il decesso. In quelle cinque ore, l’avvocato 59enne fu ricoverato in Osservazione breve e qui morì per una dissezione aortica (vale a dire una lacerazione nello strato interno della più grande arteria dell’organismo), di cui non ci si è accorti in tempo. Nonostante un Rx al torace avesse evidenziato che c’erano problemi all’aorta e che dunque si doveva indagare in questa direzione.
L’avvocato della difesa ha tentato invano di riportare la morte a condizioni di fatalità, sostenendo che «le linee guida in materia erano state tutte rispettate». L’accusa ha sostenuto, invece, che l’avvocato è stato lasciato colpevolmente solo a morire. Secondo la procura la condotta del medico di turno ha «cagionato la morte in quanto ometteva di diagnosticare tempestivamente una dissezione aortica, così impedendo l’attuazione della terapia chirurgica d’urgenza indicata nel caso di specie, pur in presenza di chiari sintomi che avrebbero dovuto suggerire la corretta diagnosi». Lunga e accalorata è stata la discussione portata avanti dalle parti civili per cui Barrucci, oltre che zio di uno degli avvocati, era anche un amico. La difesa ha messo in luce come l’uomo sia stato lasciato morire in solitudine. In un momento, tra l’altro, in cui il pronto soccorso non era oberato di grossi carichi di lavoro. Barrucci stesso aveva inviato due video telefonate in cui mostrava il pronto soccorso semi vuoto con lui, molto dolorante, lasciato in una stanza. L’avvocato Ciammaichella, nella sua discussione finale, ha riassunto meticolosamente, passaggio per passaggio, una lunga memoria di oltre 80 pagine. (a.i.)
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