storia da salvare

Chieti, benvenuti nello scempio della Civitella

Musei aperti a Pasqua, ma nel piccolo Colosseo d'Abruzzo ad accoglierti ci sono rifiuti, degrado cantieri abbandonati e una scritta: "Spaccate ’sto vetro"

CHIETI. Ad accoglierti c’è una scritta: «Spaccate ’sto vetro». Benvenuti nel piccolo Colosseo d’Abruzzo, un gioiello del 105 avanti Cristo, deturpato, umiliato e abbandonato. Ma nel giorno di Pasqua, che è prima domenica del mese, la Soprintendenza dei beni archeologica fa sapere che i musei restano aperti e che l’ingresso è gratis. Ma come fai a staccare il biglietto per questa vergogna?

[[(Video) Chieti, il museo della Civitella in mano ai vandali]]

La prima immagine da fotografare è l’ingresso di un’arena dove duemila anni fa belve e gladiatori si sfidavano all’ultimo sangue. Ora trovi una recinzione caduta e accatastata di un cantiere che non c’è. Lavori fantasma nell’anfiteatro della vergogna. Meglio avvisarli prima i turisti. Meglio evitare una figuraccia a Chieti.

Meglio anche ricordare ai politici, di destra, centro e sinistra, che in questi giorni promettono sogni sui loro sei per tre che infestano i muri della città, che nella lista delle priorità la Civitella è ai primi posti. Ma non solo con le promesse non mantenute come l’ultima del 24 dicembre scorso, vigilia di Natale, quando sui giornali uscirono articoli di questo tenore: “Cenere a carbone a D’Alfonso, ci pensa Babbo Natale”, ovvero Mauro Febbo, consigliere regionale di centrodestra, che annunciava una strenna natalizia sotto l’albero dei teatini, per aver ottenuto il ripristino dei fondi per la Civitella «voluti dal centrodestra ma cancellati dal centrosinistra», tuonava il forzista.

Ma che fine hanno fatto quegli 850mila euro? Soldi virtuali come il cantiere dietro alle transenne divelte? Di vero, andando avanti, c’è invece una voragine che all’improvviso si apre sotto i piedi del turista. Rievoca spettri antichi. Fa tornare in mente Alfredino Rampi, il bambino biondo di Vermicino precipitato in un pozzo profondo cento metri che, negli anni Ottanta, tenne l’Italia incollata alla Tivvù per la più tragica delle dirette finita con un lutto collettivo che, da allora, nessuno ha ancora elaborato.

Nel buco della Civitella c’è acqua putrida e dai bordi spuntano monconi di ferro. Come la rete elettrosaldata della scala, unica via d’accesso all’anfiteatro per chi arriva dalle ex Orsoline, dove ogni scalino è una trappola. Da questa scala, le famiglie patrizie dell’antica Teate, città con 5mila anni più di Roma, salivano verso gli spalti. Il Cristianesimo non c’era ancora, nel 105 A.C., quando sull’acropoli i romani realizzarono il piccolo Colosseo che non ha eguali in Abruzzo. L’anfiteatro venne costruito su un «importante, antico e venerato santuario cittadino», si legge su una legenda che accoglie il turista. Ma in epoca molto più recente, cioè negli anni Cinquanta, quel gioiello della storia della città finì sepolto sotto il mitico campo di calcio della Civitella, appunto, dove Chieti e Pescara si sfidavano in partite epiche e i tifosi se le davano di santa ragione.

Fu solo un caso, nel 1982, che, durante gli scavi per realizzare un nuovo serbatoio idrico, venne scoperto l’anfiteatro romano che, nel giro dei 18 anni successivi, grazie a un finanziamento da record e un’operazione di archeologia urbana, divenne il Parco archeologico più ricco di reperti d’Abruzzo. Oltre che palcoscenico di artisti del calibro di Roberto Benigni, Franco Battiato e Pino Daniele. Erano gli anni dello Stellario, la discoteca all’aperto, eccezionale intuizione di due giovani teatini, che ogni sabato sera richiamava a Chieti non meno di diecimila ragazzi da mezz’Abruzzo. Ma torniamo al 4 aprile del 2015: sabato Santo. Non trovi più Benigni che ti spiega la Divina Commedia ma la Civitella è come un girone infernale, quello degli ignavi (leggi: i politici) e dei violenti, ovvero quei vandali che hanno rubato tutto, persino le pompe degli impianti antincendio. Hanno spaccato decine di bottiglie di birra lasciando un tappeto di schegge. E hanno deturpato il piccolo Colosseo scrivendo sui muri bestemmie come “... cane” che non si addice alla Pasqua. O quel “Noemi ti amo”, vergato con lo spray nero su pietre di 2.000 anni fa. Sappia, lo spasimante di Noemi, che Chieti non ama lui.