Chieti, il questore gli toglie l’arma, il Tar gliela ridà

Padre denunciato dal figlio per percosse nei confronti della madre. Ma la donna nega tutto

CHIETI. Il questore di Chieti gli aveva revocato la licenza per detenere armi a uso sportivo, munizioni e materie esplodenti. Contro di lui, una denuncia per aggressione, percosse e minacce di morte nei confronti della moglie. La sezione di Pescara del Tribunale amministrativo regionale, però, ha accolto il suo ricorso annullando i provvedimenti adottati nei suoi confronti. A presentare la denuncia era stato il figlio, assente da casa per motivi di studio. Il ragazzo aveva accusato il genitore di ripetuti episodi di violenza nei confronti della madre. «Da oltre quindici anni a questa parte, ovvero da quando avevo appena otto anni, ho verificato in maniera continua gli atteggiamenti violenti di mio padre nei confronti di mia madre», aveva detto. «Nonostante la paura di ritorsioni, uno-due mesi fa mia madre si è rivolta alle autorità locali, non saprei dire se Polizia o Carabinieri, per denunciare mio padre. Rammento che mio padre mi contattò telefonicamente dicendomi: se tua madre ha denunciato mie eventuali minacce di morte sappi che vado a casa e la sparo». Il ragazzo aveva anche riferito di aver visto il padre che strattonava la moglie per le braccia e la scaraventava sul divano. Ma la donna, dopo i provvedimenti adottati dal questore, si era recata al commissariato di Vasto negando con decisione ogni circostanza, e affermando, anzi, che la denuncia del ragazzo era da ricondurre a contrasti insorti tra padre e figlio in conseguenza del rifiuto del primo di continuare a sovvenzionare il secondo. «È capitato anche che per questo io e mio marito abbiamo litigato», aveva detto la donna, «ma come capita di litigare a ogni coppia; nell’ira non ho ricevuto nessuna minaccia e tantomeno di morte e nemmeno mai sono stata colpita». Due testimonianze di tenore decisamente opposto. «In presenza di dichiarazioni della presunta persona offesa che negavano la veridicità dei fatti», hanno stabilito i giudici, «devono ritenersi fondate le censure relative al difetto di motivazione e di istruttoria. Ne consegue l’accoglimento del ricorso e l’annullamento degli atti impugnati, fermo il potere delle autorità procedenti di tornare a provvedere sulla questione all’esito di approfondimenti istruttori ». (a.bag.)

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