in tribunale

Chieti, lo stalker era la vera vittima: assolto

Sedotto, sfruttato e abbandonato dall’amante che alla fine lo denuncia, ma è lei a finire nei guai con la giustizia

CHIETI. Quando le parti s’invertono, la storia si ribalta, lo stalker diventa vittima e la molestata finisce nei guai con la giustizia. Lui, sedotto e abbandonato, denunciato e processato ma alla fine assolto. Lei che lo lascia, quindi lo accusa, fino a farlo punire con una misura cautelare, ma che ora rischia un’incriminazione per falsa testimonianza o, ancora peggio, per calunnia.

La storia di una coppia teatina si è ribaltata ieri in tribunale quando il giudice, Luca De Ninis, ha assolto perché il fatto non sussiste, e per non aver commesso il fatto, il 45enne R.E., ed ha ordinato la trasmissione degli atti in procura affiché questa proceda nei confronti di F.D., madre di tre figli, in riferimento alla deposizione che la donna, sempre ieri, ha reso in aula, cadendo in tante di quelle contraddizione che sia la pubblica accusa sia il giudice hanno creduto all’imputato.

La sentenza teatina che ha ribaltato le parti diventa un ammonimento, un cartellino rosso, un precedente che mette in guardia chi pensa di ricorrere alla norma che punisce gli stalker solo per fini personali, per furbizia, vendetta oppure ritorsione. Sia il sostituto procuratore GiancarloCiani, sia l’avvocatessa Franca Zuccarini, che assisteva il 45enne imputato, hanno si pesantemente criticato l’ex vittima di questa vicenda: «La denuncia di questa donna che ha persino costretto il mio assistito a subìre la misura cautelare del divieto di avvicinarsi a lei a meno di 300 metri, grida vendetta», ha arringato l’avvocatessa, «l’articolo 612 deve aiutare le donne realmente in difficoltà, deve prevenire casi di femminicidio, deve cioè punire i veri uomini violenti. Ma non può essere utilizzato come strumento perché se così è diventa una offesa a tutte le donne».

Come nasce la storia e perché l’accusa è crollata? I due si frequentano per ben quattro anni, durante i quali lui le paga persino le bollette, oppure le feste di comunione dei figli, le fa regali costosi oltre che la spesa. Insomma la mantiene perché l’ama. E lei, separata dal marito, ci sta e ne approfitta. Fino a che a gennaio del 2015 lui le fa un ultimo regalo, il letto a doghe per uno dei figli. Ma lei gli confessa che è incinta di un altro uomo e lo lascia di punto in bianco mandandogli il cervello in tilt.

Come se non bastasse lo denuncia per stalking sostenendo di essere stata pedinata, offesa con sms oltraggiosi, costretta a uno stato di ansia e di forte stress, e picchiata per strada. La sua denuncia convince un primo giudice ad intervenire drasticamente con una misura cautelare che impedisce all’imputato di avvicinarsi alla vittima. Una misura rimasta in vigore per quasi un anno fino a ieri mattina quando la vicenda ha cambiato rotta. Perché?

Semplicemente perché la donna, nel momento clou del processo, si è seduta davanti al giudice ed è caduta in contraddizione. «Siamo stati insieme solo pochi mesi», dice. No, la relazione è durata molto di più. La difesa ha mostrato in aula decine di fatture e scontrini di quattro anni di regali. E la verità è venuta a galla.