Choc al Negri Sud, a casa 60 ricercatori

Santa Maria Imbaro, l’annuncio dei licenziamenti durante la discussione sul piano di risanamento. I dipendenti s’incatenano

SANTA MARIA IMBARO. Sessanta lavoratori a rischio di licenziamento su circa un centinaio di dipendenti a cui si aggiungono un’ottantina di borsisti. È ancora dramma tra i camici bianchi dell’istituto di ricerca scientifica e farmacologica Mario Negri Sud. Ieri mattina i sindacati sono stati chiamati per discutere il piano di risanamento della Fondazione e hanno invece appreso dal consiglio di amministrazione (Cda) la notizia che è partita la procedura di licenziamento collettivo per una sessantina di dipendenti. Non ci sono margini di trattativa, ma il numero ufficiale di licenziati potrebbe variare nelle prossime comunicazioni del Cda. A partire da oggi ci sono 45 giorni di tempo per trovare i margini di trattativa per un accordo. Ciò significa che fino al 15 maggio i dipendenti del più prestigioso centro di ricerca del sud Italia, che per numero di ricerche prodotte è superiore al Negri di Milano, non sapranno se e quando dovranno tornare a casa.

I numeri dei tagli. Si era partiti con 30 esuberi. Si trattava di voci, timori, indiscrezioni, che tuttavia i rappresentanti istituzionali della Fondazione (Provincia e Regione) hanno sempre smentito. Fino all’aut aut annunciato nei giorni scorsi dalla direzione aziendale, che poneva, assieme alle condizioni per la cassa integrazione, la possibilità di licenziare 30 unità. Un numero che ricorreva nei mesi, ma che non era stato ufficializzato nemmeno nel piano di risanamento. Ieri, l'amara scoperta. La copertura del debito da 4.600.000 euro evidentemente deve passare solo e necessariamente per la vita e il lavoro dei dipendenti del centro. «I politici e i rappresentanti istituzionali della Fondazione si assumano la responsabilità di questi tagli», hanno detto Sergio Aliprandi, Rita Candeloro ed Ernesto Magnifico, di Cgil e Cisl, «se il Cda è composto da due politici che nulla hanno a che vedere con la ricerca, non possono che essere queste le conseguenze».

I dipendenti. Una cinquantina di dipendenti, tra ricercatori, borsisti e tecnici di laboratorio, si è incontrata ieri davanti all’ingresso della struttura di Santa Maria Imbaro: è iniziato lo stato di agitazione a oltranza. Da domani, davanti la sede di Santa Maria Imbaro, ci sarà anche un presidio permanente. L’angoscia si tocca con mano. La cassa integrazione è terminata lo scorso 28 marzo ed è comunque stata pagata al 40% solo per il mese di settembre. E i dipendenti hanno accumulato dieci mesi di stipendio arretrato. Il prossimo 7 aprile è previsto lo sciopero in concomitanza con il consiglio provinciale straordinario che verterà proprio sulla situazione del Negri Sud.

Le voci della crisi. Gino ha 55 anni ed è un medico ematologo. Con il suo laboratorio di biologia e farmacologia vascolare lavora su malattie gravissime come la fibrosi cistica. Assieme a tanti dei suoi colleghi, ha contribuito a fondare il Mario Negri Sud. «Non abbiamo mai preso soldi o regali», spiega, «lavoriamo per uno scopo sociale, il diritto alla salute che dipende esclusivamente dalla ricerca. Nessuno sembra accorgersi che lavoriamo nell’ombra per il benessere di tutti». Assieme a lui ci sono Marco, 26 anni e Riccardo, 30 anni, con laurea in statistica e che studiano i dati su diabete e malattie croniche, Giorgia, 29 anni, e Benedetta, 28, biologhe molecolari che fanno ricerca su melanoma e neuroblastoma. «Fare ricerca significa produrre un granello di sabbia al giorno», spiegano, «licenziare anche solo uno di noi significa perdere competenze non più recuperabili».

Daria De Laurentiis

©RIPRODUZIONE RISERVATA