Club Silenzio, parlano soltanto le note

Il quartetto: «Non saremo mai una cover, amiamo l'essenza dei suoni e dei ritmi»
CHIETI. Radiohead, Sigur Ros e Mogwai. Le influenze della band teatina Club Silenzio sono il meglio della scena indipendente europea degli ultimi vent'anni. Attivi da circa un anno, ma con alle spalle oltre un decennio di palchi in giro per l'Italia con un altro progetto musicale, i ragazzi del Club Silenzio assicurano che preferirebbero smettere di suonare piuttosto che adagiarsi al modello cover band.
In pratica, squadra e modello vincenti non si cambiano. E così, stessa formazione da dieci anni, ma diverso approccio musicale. Amano l'essenza dei suoni e dei ritmi. Niente parlato. A comporre il quartetto sono Francesco Giacci (basso), Paolo Giacci (chitarra), Ferdinando Paolini (synth) e Simone Napolione (batteria). «Club Silenzio è un progetto musicale nato da circa un anno», spiega il bassista Francesco Giacci, «sebbene siamo una band che suona insieme da quasi dieci anni.
Iniziammo, infatti, nel 2001 con il nome Spleen Caress, un'esperienza con la quale siamo riusciti a scrivere parecchie canzoni. E suonavamo generi come il rock, l'alternative, l'elettroniche e l'industrial, mentre i testi erano tutti in italiano». Tanto che dai banchi di scuola all'università sono riusciti ad autoprodurre ben tre dischi: 2004, 2005 e 2008. «Il materiale realizzato con il nome Splee Caress c'è servito per crescere dal punto di vista compositivo», continua il bassista, «e ci ha permesso di fare esperienza dal vivo.
Certo, non siamo mai stati un gruppo da venti serate all'anno, ma pur di suonare la musica in cui credevamo, e crediamo ancora oggi, non ci siamo mai conformati alle mode. E mi riferisco sia al mercato discografico e sia alla possibilità di suonare in un locale qualsiasi della zona. Non saremo mai una cover band o l'imitazione di qualcosa o qualcuno». E così, sciolti gli Spleen Caress, ecco Club Silenzio, un nome che prende ispirazione dal film "Mulholland Drive" (2001) di David Lynch.
Scopo del progetto per i quattro giovani teatini è stato da subito quello di ripartire da zero rispetto al gruppo precedente e scrivere nuovi brani, tutti interamente strumentali, da accompagnare a filmati, proiezioni o colonne sonore. Brani da quattro-cinque minuti l'uno, senza cantato, con continue evoluzioni di suoni e ritmi. «Certo, questa scelta ci rende forse ancor più difficili da ascoltare», riprende Paolo Giacci, chitarrista «ma ciò non toglie che la nostra musica possa piacere.
Non credo che il pubblico sia disposto ancora a lungo ad ascoltare canzoni scritte per vincitori di format televisivi. Prima o poi si stancherà. O cercherà qualcosa che sia bello davvero. Forse non sarà la nostra musica, ma quella dei Daphne Cronica o degli Edith Aufn. O forse quella di Paolo Benvegnù, del Teatro Degli Orrori o degli Afterhours». Chi o cosa, per la band Club Silenzio sono solo dettagli.
E allora, per conoscerli e soprattutto ascoltarli sono disponibili su tutti i canali gratuiti di internet: Facebook, YouTube e MySpace. «Inoltre, abbiamo anche altre attività che portiamo avanti», conclude Francesco Giacci. «Simone, il batterista, è uno dei fondatori dell'associazione culturale Movimenti, attiva a livello regionale (www.movimenti.org), mentre Paolo, il chitarrista, porta avanti un progetto solista di composizione per colonne sonore (www.paologiacci.com). Al di là degli impegni, resta la voglia di continuare a suonare, perché senza, francamente, penso che ognuno di noi si sentirebbe incompleto».
In pratica, squadra e modello vincenti non si cambiano. E così, stessa formazione da dieci anni, ma diverso approccio musicale. Amano l'essenza dei suoni e dei ritmi. Niente parlato. A comporre il quartetto sono Francesco Giacci (basso), Paolo Giacci (chitarra), Ferdinando Paolini (synth) e Simone Napolione (batteria). «Club Silenzio è un progetto musicale nato da circa un anno», spiega il bassista Francesco Giacci, «sebbene siamo una band che suona insieme da quasi dieci anni.
Iniziammo, infatti, nel 2001 con il nome Spleen Caress, un'esperienza con la quale siamo riusciti a scrivere parecchie canzoni. E suonavamo generi come il rock, l'alternative, l'elettroniche e l'industrial, mentre i testi erano tutti in italiano». Tanto che dai banchi di scuola all'università sono riusciti ad autoprodurre ben tre dischi: 2004, 2005 e 2008. «Il materiale realizzato con il nome Splee Caress c'è servito per crescere dal punto di vista compositivo», continua il bassista, «e ci ha permesso di fare esperienza dal vivo.
Certo, non siamo mai stati un gruppo da venti serate all'anno, ma pur di suonare la musica in cui credevamo, e crediamo ancora oggi, non ci siamo mai conformati alle mode. E mi riferisco sia al mercato discografico e sia alla possibilità di suonare in un locale qualsiasi della zona. Non saremo mai una cover band o l'imitazione di qualcosa o qualcuno». E così, sciolti gli Spleen Caress, ecco Club Silenzio, un nome che prende ispirazione dal film "Mulholland Drive" (2001) di David Lynch.
Scopo del progetto per i quattro giovani teatini è stato da subito quello di ripartire da zero rispetto al gruppo precedente e scrivere nuovi brani, tutti interamente strumentali, da accompagnare a filmati, proiezioni o colonne sonore. Brani da quattro-cinque minuti l'uno, senza cantato, con continue evoluzioni di suoni e ritmi. «Certo, questa scelta ci rende forse ancor più difficili da ascoltare», riprende Paolo Giacci, chitarrista «ma ciò non toglie che la nostra musica possa piacere.
Non credo che il pubblico sia disposto ancora a lungo ad ascoltare canzoni scritte per vincitori di format televisivi. Prima o poi si stancherà. O cercherà qualcosa che sia bello davvero. Forse non sarà la nostra musica, ma quella dei Daphne Cronica o degli Edith Aufn. O forse quella di Paolo Benvegnù, del Teatro Degli Orrori o degli Afterhours». Chi o cosa, per la band Club Silenzio sono solo dettagli.
E allora, per conoscerli e soprattutto ascoltarli sono disponibili su tutti i canali gratuiti di internet: Facebook, YouTube e MySpace. «Inoltre, abbiamo anche altre attività che portiamo avanti», conclude Francesco Giacci. «Simone, il batterista, è uno dei fondatori dell'associazione culturale Movimenti, attiva a livello regionale (www.movimenti.org), mentre Paolo, il chitarrista, porta avanti un progetto solista di composizione per colonne sonore (www.paologiacci.com). Al di là degli impegni, resta la voglia di continuare a suonare, perché senza, francamente, penso che ognuno di noi si sentirebbe incompleto».
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