Chieti

Cocaina dal Brasile, minacce a chi non pagava: «Gli sparo, so dove sta la sua pizzeria»

8 Settembre 2025

Il debito per una partita di droga non pagata a Chieti ha innescatoun’escalation di minacce. Tra gli indagati un commerciante teatino che non ha saldato una partita di droga. Così i sudamericani lo intimidivano: «Se non risolvi il problema, ti ammazziamo»

CHIETI. Il narcotraffico ha un suo codice di procedura, un tariffario della violenza che scatta puntuale quando un anello della catena si inceppa. Lo raccontano, in controluce, le carte dell’operazione «Dominica» dei carabinieri, dove un debito per una partita di cocaina non pagata a Chieti ha innescato un’escalation di minacce che, dagli atti della procura della Repubblica di Lanciano, assume i contorni di un manuale di intimidazione criminale. Nel mirino è finito Andrea Mulana, teatino di 33 anni, commerciante, e lui stesso indagato nell’inchiesta, stretto in una morsa da due uomini dell’organizzazione, i dominicani Lenin Luis Tavarez e Eduardo Juan Francisco Guerrero (difesi dagli avvocati Alessandro Cerella e Vincenzo Menicucci), per i quali ora è stato richiesto l’arresto.

C’è un’economia sommersa che pulsa sotto la superficie della provincia, con le sue regole non scritte e i suoi spietati meccanismi di recupero crediti. È la metà oscura della storia che i carabinieri frentani hanno tirato fuori, intercettazione dopo intercettazione, svelando le regole di una banda che non perdona. L’inchiesta – coordinata dal procuratore Mirvana Di Serio – illumina questo spaccato, raccontando non solo di una rotta della cocaina che dal Brasile arriva fino in Abruzzo, ma anche della disciplina interna che ne governa la filiera. È una storia che si dipana attraverso le registrazioni, dove la voce diventa la prova di un sistema criminale radicato, capace di muovere uomini e merci e, quando serve, di usare la paura come strumento di gestione. L’operazione, culmine di un anno di indagini, ha visto 13 perquisizioni simultanee tra l’area frentana, Chieti e Roma, mentre i denunciati sono complessivamente 19. La droga viaggiava ingerita in ovuli da corrieri che fungevano da muli umani.

In questo ingranaggio, Andrea Mulana era un presunto anello della catena distributiva. Il trentatreenne, in passato appartenente agli ultrà del Chieti calcio, non è la prima volta che si trova nei guai per motivi giudiziari, essendo stato condannato in via definitiva – tanto da finire dietro le sbarre – anche per episodi di violenza legati al tifo. Il suo problema nasce quando una fornitura da 400 grammi di cocaina, ricevuta da Tavarez, rimane insoluta. È il momento in cui, per l’organizzazione, si trasforma da risorsa a problema.

Le minacce, messe nero su bianco nella richiesta d’arresto, sono la cronaca di una pressione che si fa sempre più feroce. La reazione del gruppo non si fa attendere, è mirata e progressiva. Si parte dai simboli della vita di Mulana, quelli che lo rendono riconoscibile e vulnerabile: la sua auto e, soprattutto, la sua pizzeria nel cuore di Chieti. La minaccia, captata dagli investigatori, è un ultimatum che non lascia spazio a interpretazioni: «Questa persona deve pagare, altrimenti si porta via la sua macchina, so dove si trova la sua pizzeria». È il linguaggio di chi conosce il territorio e sa dove colpire per fare più male.

Ma è un’altra telefonata a segnare il punto di non ritorno. Nelle trascrizioni si parla di un incontro degenerato in violenza fisica, di «lancio di bottiglie», e infine della parola che cambia tutto: «La pistola». L’arma non è più solo un’ipotesi, ma diventa un argomento di conversazione, un elemento presente sulla scena, fino a evocare il suo uso. È il segnale che il gruppo è pronto ad alzare il livello dello scontro. La rabbia di Tavarez esplode in una frase registrata dagli inquirenti, carica di violenza: «Quella gente bisogna farla scoppiare, io a quel tipo gli sparo!». Il suo profilo è quello di un uomo, secondo la procura, addirittura disposto a uccidere Mulana per l’affronto subito.

L’ultimo atto è la chiamata diretta, quasi un rito di sottomissione. Questa volta è Guerrero a parlare con Mulana. Il tono è quello di un finto cameratismo, che usa la parola «fratè» per stabilire una vicinanza che non esiste, ma serve a rendere più efficace l’avvertimento. Il riferimento a uno sgarbo fatto a un «fratello» è il messaggio in codice che chiude il cerchio, la mossa finale di una strategia della paura ormai conclamata. L’apice della tensione si raggiunge il giorno della vigilia di Natale del 2024: Guerrero e Tavarez sono adirati con Mulana perché questi ha mandato all’appuntamento un’altra persona e ha messo in difficoltà lo stesso Guerrero, che evidentemente ha garantito per lui. Più nel dettaglio, in una conversazione intercettata, i due dominicani svelano che quella persona incaricata da Andrea è uscita con una busta, riconsegnando 275 grammi di cocaina dei 400 totali, per poi minacciare di chiamare i carabinieri. «Non ci si comporta così», è il senso del rimprovero di Tavarez verso Mulana, «devi venire subito da noi per risolvere il problema. Noi siamo in due, non abbiamo paura di morire, siamo disposti a morire anche oggi».

La rabbia si trasforma in un aut aut che non lascia spazio a trattative: «Se entro oggi non risolvi il problema, ti devo uccidere. O ti ammazzo io o ammazzano me: uno dei due deve morire». Andrea replica che ha sbagliato di grosso a parlargli così, ma Guerrero risponde: «Sei tu ad aver sbagliato, mi hai fatto fare una figuraccia. Per colpa tua, ora mi trovo in difficoltà». Dopo una valanga di minacce, Mulana si accorda per pagare il sabato successivo 5.000 euro, vale a dire il prezzo di 125 grammi (40 euro al grammo) trattenuti dalla partita iniziale. Ma, sempre dalle intercettazioni, filtra che Guerrero, pur di evitare problemi, è disposto ad anticipare la somma che Andrea deve sborsare.

Così, dalle carte di un’indagine, emerge il racconto di una guerra a bassa intensità combattuta nelle vie di una città di provincia. Una guerra per il denaro, per il rispetto e per il controllo, dove chi sbaglia paga. E dove le parole, registrate da una microspia, possono diventare più incisive di un proiettile.

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