Debiti dei dipendenti online, per la procura di Chieti non è reato

Il caso all'Università D'Annunzio. In 56 avevano querelato il dg Del Vecchio per la lista di nomi e debiti finita on line. Ma la pm a sorpresa ribalta il verdetto del garante e chiede l’archiviazione

CHIETI. Non è reato mettere in piazza i debiti dei dipendenti universitari. Il dg Filippo Del Vecchio non ha violato la privacy di 113 impiegati della D'Annunzio. Così la procura di Chieti ribalta la conclusione del garante e chiede al gip l'archiviazione per un fiume di querele. É di questi giorni la decisione della pm Marika Ponziani che fa discutere molto negli ambienti accademici. Ma i dipendenti, appresa la notizia per loro sfavorevole, già pensano di presentare opposizione all'archiviazione. Lo faranno a metà della prossima settimana.

Sta di fatto che ci troviamo di fronte a due procedimenti identici nella sostanza e contestuali ma che prendono direzioni opposte. Come gemelli diversi. É infatti di pochissimo tempo fa la notizia che, secondo il garante, l'Università avrebbe violato il codice in materia di protezione dei dati personali pubblicando on line la lista dei 113 dipendenti che avrebbero percepito somme non dovute nelle passate gestioni universitarie, quando l’ateneo era amministrato da Franco Cuccurullo e Marco Napoleone.

Il Garante della privacy ha quindi dato ragione ai dipendenti dell’ateneo che hanno gridato allo scandalo e denunciato la violazione dei propri diritti di riservatezza dopo la pubblicazione di una sorta di lista di proscrizione sul sito internet dell’ateneo, elenco peraltro trasmesso per posta elettronica a tutto il popolo degli impiegati della D'Annunzio. Erano decine di nomi con accanto le cifre da restituire all'Università che andavano da un minimo di 15mila euro fino a oltre 100mila. Ma era improprio parlare di “tutti i proscritti” perché qualcuno, dal nome altisonante, mancava all'appello. E questo fece sospettare che in realtà quell'elenco fosse un colpo basso del dg Filippo Del Vecchio al suo predecessore Napoleone, questo naturalmente compreso nella “lista nera”.

La vicenda risale al 10 ottobre dell’anno scorso, quando il direttore generale, di fresca riconferma da parte del Cda fino al 2017, diede l'ordine di pubblicare sul sito dell'Ateneo il documento intitolato “fondo accessorio di ateneo, altri fondi e il loro utilizzo” con la lista dei nomi di chi avrebbe percepito in maniera irregolare ricchi compensi ai tempi di quello che lui, il dg, definì il “paradiso Napoleone”, cioè l'ex dg. Un documento identico, dal titolo “Analisi di utilizzo del fondo accessorio 2001-2013”, era stato inviato già dal 6 ottobre con una pioggia di mail a tutti i 750 docenti e i 340 lavoratori di area tecnico-amministrativa dell’ateneo teatino-pescarese. Insomma tutti sapevano di quei crediti o debiti, a seconda dei punti di vista e, soprattutto, dei nomi e cognomi degli interessati.

Diritto alla privacy violato? Del Vecchio affermava e afferma che poteva e può farlo in virtù della legge sulla trasparenza nella gestione di fondi pubblici. Per il dg quindi Bassanini docet. Neppure le 56 querele e l'esposto al Garante della privacy gli avevano fatto cambiare idea. Ma le vie della giustizia sono infinite. E oggi per la procura non è reato mettere in piazza i debiti che il dipendente ha verso la pubblica amministrazione, trattandosi di soldi per l'appunto pubblici. Per il garante invece l’ateneo ha violato la disciplina sulla privacy per la protezione dei dati personali. Da qui il divieto nei confronti dell’ateneo “d’Annunzio” di utilizzare le stesse modalità comunicative adottate in passato, nonché “l’ulteriore diffusione in internet, mediante il proprio sito web istituzionale, dei dati personali sopraindicati”. Sembra proprio di essere a teatro quindi ci sta bene concludere con un… Così è se vi pare.