Debiti per oltre 4 milioni  Scatta il fallimento del Cus 

L’ateneo d’Annunzio si era rivolto in tribunale per il credito mai pagato Ma la sentenza non chiude il caso: Di Marco annuncia ricorsi e querele per frode

CHIETI. Il tribunale di Chieti dichiara il Cus fallito. Sciolta la riserva, i giudici sposano la tesi dell’ateneo d’Annunzio, che il 20 dicembre scorso ha chiesto il fallimento del Centro universitario sportivo. Il tribunale ritiene, cioè, che il Cus, pur essendo un organismo sportivo e non commerciale, può fallire proprio come un ente commerciale perché ha svolto attività imprenditoriali. E visto che ha un debito di oltre 4 milioni con la d’Annunzio, e non ha crediti che possano compensare questa posta, è stato dichiarato il fallimento.
LA TESI DELLA D’ANNUNZIO. L’ateneo guidato dal rettore Sergio Caputi, rappresentato in tribunale dall’avvocato Antonio D’Antonio, parte dai 4.195.623 euro che il Cus presieduto da Mario Di Marco deve all’università, a causa di sentenze passate in giudicato. L’esposizione debitoria sarebbe ancora più grande se si contano i 10 milioni dovuti alle banche e altri 4 a Equitalia. Le poste debitorie saltano fuori da verbali della guardia di finanza che l’ateneo presenta in tribunale ma che Di Marco contesta nettamente. Il verbale è un elemento centrale, perché attesta che il Cus ha svolto attività imprenditoriale e quindi, pur non essendo un ente commerciale, può fallire come se lo fosse. La finanza ritiene che il Cus abbia svolto attività commerciale perché dei 144 atleti iscritti, ben 85 (per altro remunerati) non sono studenti universitari.
LA TESI DEL CUS. Ma Di Marco, assistito dall’avvocato Luigi Di Alberti, contesta proprio il verbale della finanza. Non solo nel merito («gli atleti, pur remunerati, non sono attività commerciale»), ma soprattutto perché il verbale, spiega il presidente Cus, «riguarda il periodo che va dal 2004 al 2012, mentre la legge fallimentare dice che bisogna considerare solo gli ultimi tre anni. E negli ultimi tre anni noi non abbiamo fatto attività imprenditoriale: dal 2012 non abbiamo emesso più una fattura». Di Marco annuncia ricorsi contro la sentenza ma anche un nuovo esposto in procura, questa volta per frode processuale, proprio «a causa dell’uso del verbale che non riguarda il periodo da prendere in considerazione per il fallimento».
LA SENTENZA. Ma per i giudici Guido Campli, Nicola Valletta e Francesco Turco l’attività imprenditoriale del Cus è confermata e dunque il centro sportivo non solo è soggetto a fallimento ma «versa in stato di insolvenza, atteso che il credito del ricorrente - l’ateneo - risultate da sentenze irrevocabili, ammonta a oltre 4 milioni di euro; né risultano crediti in compensazione». Il Cus aveva sempre sostenuto di vantare nei confronti dell’ateneo un credito di oltre 53 milioni, ma in aula non è riuscito a provarlo. Il tribunale infine ha nomina Valletta come giudice delegato e Silvana De Donato come curatore del fallimento.