Discariche, 2 miliioni per la bonifica

Guardiagrele, riaffiorano altri rifiuti tossici contenuti in fusti del 1965

GUARDIAGRELE. La bonifica costerà milioni, una spesa che il Comune non potrebbe mai sostenere. Le analisi e i sopralluoghi sulle ex discariche di Colle Barone e Brugneti, in pieno paesaggio dei calanchi, fanno riaffiorare fantasmi di un passato di cui diventerà difficile liberarsi, una storia che comincia negli anni Cinquanta ma prosegue in questi giorni con affioramenti che hanno dell'incredibile. Si va dalla persistenza di piombo, arsenico e polifosfati rivelati dai primi campionamenti di tre anni fa alle fuoriuscite di biogas a ogni sommovimento del terreno.
E c'è anche un'improvvisa fuoriuscita di cloroformio sprigionato da rifiuti ospedalieri datati, stando ai contenitori recuperati, al 1965.

«Attendiamo i risultati», spiega Donatello Di Prinzio, che segue in regione la vicenda delle ex discariche cittadine nella doppia veste di assessore provinciale con delega alla Difesa del suolo e comunale all'Ecologia, «del cosiddetto piano di caratterizzazione ordinato dalla Regione in vista della bonifica di tutti i siti comunali ormai dismessi in cui si conferiva l'immondizia. Anche se nella classifica che stabilisce l'ordine del finaziamento», prosegue l'assessore, «Colle Barone e Brugneti sono situate intorno al 160º posto, questo non vuol dire che i costi non saranno rilevanti, anzi, e poi c'è nel nostro caso un dilemma che va oltre l'aspetto puramente ambientale che è la delicata questione paesaggistica, visto che le ex discariche guardiesi sono franate a valle a più riprese tra la fine degli anni Ottanta e tempi piuttosto recenti a causa delle piogge che hanno eroso il fondo argilloso».

Si parla di un costo minimo di due milioni di euro, ma potrebbe occorrere molto più denaro per mettere in sicurezza i due siti, che negli anni hanno compromesso irrimediabilmente anche la salute del fosso Laio, una volta luogo privilegiato per la pesca all'anguilla ma poi rinominato"il fiume di plastica" dopo la grande frana del 1990 che lo invase di rifiuti fino al basso corso, la confluenza con l'Aventino. «Ci sono varie opzioni», osserva Di Prinzio, «di cui le principali sono la ricerca e rimozione sistematica dei rifiuti, che andranno conferiti altrove, e la messa in sicurezza dei bacini in cui venne seppellito il pattume. Al momento sarebbe preferibile la seconda opzione, visto che la rimozione e il trasporto sarebbero già per sè molto costosi e senza considerare che in Abruzzo troveremmo difficilmente una discarica disposta a ospitare un quantitativo che ancora non è stato calcolato, ma che sarebbe comunque rilevante se si pensa che rappresenta il risultato di circa 40 anni di conferimenti».

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