Vigili del fuoco morti, impiegate tecniche complesse per il recupero dei corpi

4 Maggio 2025

I soccorritori hanno trovato un accesso laterale nella forra. Il picchetto d’onore accoglie le vittime in obitorio. Domani l’incarico per le autopsie 

PENNAPIEDIMONTE. Gli occhi gonfi di un dolore profondo, dignitoso, ormai senza lacrime. I volti abbassati. Sono le 17.34 quando l’elicottero atterra all’ospedale Santissima Annunziata: sopra ci sono i corpi di Emanuele Capone e Nico Civitella, i due vigili del fuoco del comando di Chieti, 42 anni entrambi, morti giovedì durante un’escursione a Pennapiedimonte. E gli sguardi smarriti dei colleghi, illuminati dalla luce calda di questo pomeriggio d’inizio maggio, davanti alle due barelle rosse e ai teli blu che ora avvolgono Emanuele e Nico, uniti dalla passione per la montagna e da una fine tremenda, con il secondo che ha cercato di salvare in tutti i modi l’amico, quegli sguardi sono l’emblema di una sofferenza che non ha parole. Ci sono volute settanta ore.

Settanta ore prima di preghiera e di speranza, poi di penosa rassegnazione. Settanta ore di sacrificio da parte di professionisti del soccorso – in totale 120 – che hanno lavorato con la morte nel cuore, ma con la determinazione di sempre, per rispettare la promessa fatta alle famiglie delle vittime: «Riporteremo i corpi a casa il prima possibile». Perché se è vero che, già da venerdì mattina, è apparso evidente come la forra del fiume Avello si fosse trasformata in una tomba per Emanuele e Nico, è altrettanto vero che vedere allungarsi i tempi di recupero delle salme avrebbe significato aggiunge strazio allo strazio.

Sono le 6 di ieri, minuto più minuto meno: dopo un briefing di coordinamento, ricominciano le operazioni di recupero delle salme. Vengono confermate due linee di intervento: la prima a bordo del fiume da parte delle squadre specializzate del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (Cnsas), l’altra per consentire la calata dall’alto di due gruppi operativi dei vigili del fuoco specializzati in tecniche di soccorso di derivazione alpinistica, stavolta supportati anche dalla guardia di finanza.

Ma i soccorritori, giunti sul piano di forra, riscontrano immediatamente «condizioni di impraticabilità», a causa dell’aumento della portata d’acqua rispetto ai segni di livello apposti nella giornata precedente: si stima qualcosa come 600 metri cubi al secondo, e per operare in sicurezza non si dovrebbe superare i 300. Tradotto: i responsabili di tutte le componenti operative in campo, dopo una riunione con la prefettura di Chieti, decidono di cambiare strategia, prevedendo un impiego più massiccio di droni per tentare di individuare il punto di recupero delle salme e, contestualmente, praticare manovre di calata dall’alto dall’elicottero.

Le attività dei droni vengono mappate su cartografia digitale per conseguire progressivamente l’avvicinamento al punto della forra in cui sono state messe in sicurezza le barelle con i corpi. La svolta arriva nel primo pomeriggio. Gli esperti del Cnsas riescono a raggiungere, attraverso un accesso laterale, il punto in cui sono state ancorate le barelle con i corpi. Poi, da monte, una squadra composta anche da pompieri e finanzieri di Roccaraso, allestisce un sistema di recupero per far risalire le salme che, una volta fuori dalla forra, vengono trasportate in un punto meno impervio: un elicottero dei vigili del fuoco, con il verricello, può finalmente recuperare i corpi.

Dice Marco Piergallini, segretario generale del sindacato dei vigili del fuoco Conapo: «Il recupero dei corpi ha richiesto uno sforzo tecnico e umano straordinario anche per dei professionisti del soccorso, in un ambiente tra i più ostili. Esprimiamo il nostro sentito ringraziamento a tutte le squadre intervenute che, con competenza e profonda dedizione, hanno reso possibile riportarli con rispetto ai loro cari, superando ostacoli ambientali estremi». L’elicottero con i corpi di Emanuele e Nico atterra a due passi dal policlinico di Chieti. Poi le salme vengono caricate sulle ambulanze per l’ultimo, breve viaggio, scortato da un corteo di auto di vigili del fuoco, carabinieri e polizia. Il picchetto d’onore saluta Emanuele e Nico prima dell’ingresso all’obitorio. Il primo passo dell’inchiesta aperta dal sostituto procuratore Giancarlo Ciani è l’autopsia che, probabilmente già domattina, sarà affidata al medico legale Pietro Falco.

Le indagini, delegate ai carabinieri, puntano a ricostruire nel dettaglio la dinamica della tragedia, anche attraverso la testimonianza dei due vigili del fuoco superstiti, i teatini Giulio De Panfilis, 32 anni, e Gabriele Buzzelli, 38 anni, quest’ultimo ancora ricoverato nel reparto di Malattie infettive a causa di un principio di ipotermia e prossimo a essere dimesso. Il reato ipotizzato contro ignoti – un’iscrizione «tecnica» per consentire tutti gli accertamenti del caso – è omicidio colposo. Ci sarà tutto il tempo per approfondimenti giudiziari e sopralluoghi: adesso c’è spazio solo per il lutto di una comunità, quella dei vigili del fuoco, e di due famiglie piegate da un dolore indicibile. Adesso, all’esterno del policlinico di Chieti, non resta che il silenzio, spezzato solo dal rumore, ormai lontano, dell’elicottero.

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