Famiglia nel bosco: i genitori non saranno in aula, depositate due nuove relazioni

I giudici dovranno decidere sulla richiesta di revoca dell’allontanamento dei bimbi. Ora papà Nathan può vedere i figli due volte a settimana nella casa di accoglienza: il martedì e il giovedì
PALMOLI. Domani pomeriggio, quando si apriranno le porte del tribunale per i minorenni dell’Aquila per decidere il destino della famiglia del bosco, Nathan Trevallion e Catherine Birmingham non ci saranno. La loro assenza non è una strategia processuale, né un segnale di disinteresse: è l’effetto rigoroso del codice di procedura civile che disciplina questo tipo di udienze camerali. Il rito prevede che il confronto avvenga esclusivamente tra magistrati e avvocati, lasciando fuori i protagonisti emotivi della vicenda. A portare la voce della coppia ci saranno i difensori, gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas del foro di Chieti, mentre a tutela dei tre minori siederanno la tutrice Maria Luisa Palladino e la curatrice speciale Marika Bolognese.
I giudici saranno chiamati a valutare l’istanza di revoca dell’ordinanza emessa lo scorso 20 novembre. Quel provvedimento, che ha sospeso la responsabilità genitoriale e disposto il collocamento dei tre figli in una struttura protetta di Vasto, ha sollevato un caso politico e mediatico arrivato fino ai tavoli del governo. Ma ora l’attenzione si sposta dalle polemiche alle carte processuali, che proprio nelle ultime ore si sono arricchite di elementi nuovi, capaci di mutare la prospettiva.
Nel fascicolo sono confluite due relazioni aggiornate: una redatta dai servizi sociali e l’altra dalla responsabile della casa famiglia che ospita madre e figli. Secondo i primi riscontri, i tre fratelli si sono adattati positivamente alla nuova collocazione, mostrando un equilibrio che smentisce i timori di traumi ingestibili. Anche sotto il profilo clinico arrivano conferme: le visite pediatriche disposte hanno certificato che i bambini sono in buona salute. Un punto cruciale delle relazioni riguarda la condotta dei genitori. Inizialmente dipinti come ostili, Nathan e Catherine hanno invece mostrato un atteggiamento collaborativo.
Hanno accettato le prescrizioni del tribunale senza opporre resistenze, adeguandosi a un regime di vita fortemente limitato. Catherine risiede nella struttura con i figli, ma può vederli solo in orari prestabiliti, in coincidenza con la colazione, il pranzo e la cena. Per Nathan, rimasto solo, il calendario prevede incontri due volte a settimana, il martedì e il giovedì. La coppia sta rispettando queste regole con rigore. Sul piano procedurale, la vicenda prosegue su due livelli. Oltre all’appuntamento di domani, resta formalmente attivo il reclamo presentato alla Corte d’Appello dell’Aquila: l’udienza è in programma il 16 dicembre.
Naturalmente, ci sarà rinuncia al reclamo qualora il tribunale decidesse di restituire i figli ai genitori. A supporto di questa richiesta c'è la svolta logistica. La casa del bosco di contrada Mondola, finita nel mirino per le sue criticità strutturali, non è più l’abitazione della famiglia. Nathan è pronto a trasferirsi nell’immobile messo a disposizione dal ristoratore Armando Carusi, una struttura che possiede tutti i requisiti di idoneità. Questa scelta elimina alla radice una delle principali motivazioni del provvedimento: l’emergenza ambientale è stata risolta. La famiglia attenderà nella nuova sistemazione che vengano eseguiti i lavori di adeguamento nella vecchia proprietà.
Il ricorso difensivo punta poi a smontare l’impianto accusatorio chiarendo una serie di equivoci fondamentali, a partire dalla barriera linguistica. L’intera vicenda sarebbe stata condizionata dall’incapacità della coppia di comprendere le sfumature del diritto italiano. Senza un interprete qualificato e senza la traduzione degli atti, i due si sono trovati a fronteggiare un sistema complesso affidandosi a strumenti precari. Non si trattava di indifferenza, ma di una oggettiva impossibilità di decifrarle.
Da questa incomprensione discende anche la spiegazione sulla controversa questione economica. La richiesta di 50.000 euro avanzata dai genitori per sottoporre i figli agli accertamenti sanitari non era una provocazione, ma il tentativo maldestro di applicare un istituto tipico degli ordinamenti anglosassoni: una sorta di deposito cauzionale a garanzia dell’incolumità dei minori. I genitori, preoccupati che esami medici invasivi potessero turbare bambini sani, cercavano una tutela formale. A conferma dell'attenzione per la salute, viene citato il fatto che i bambini avevano ricevuto parte delle vaccinazioni obbligatorie proprio in Italia. Infine, sul fronte dell’istruzione, la difesa contesta la tesi dell’abbandono scolastico.
La documentazione presentata mira a dimostrare che non c’è stata evasione dell’obbligo, ma una scelta precisa e lecita di istruzione parentale. La famiglia aveva comunicato le proprie intenzioni al dirigente scolastico di Castiglione Messer Marino nei tempi previsti. Non solo: la figlia maggiore ha sostenuto e superato l’esame di idoneità per la classe terza alla Novalis Open School di Brescia. A supporto di questa tesi, c’è anche una nota ufficiale del ministero dell’Istruzione che conferma la piena legittimità dei percorsi di homeschooling. Domani i giudici valuteranno se questo nuovo scenario sia sufficiente per ricomporre la famiglia.
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