Palmoli

Famiglia nel bosco, i sette motivi dei giudici: «Lesione del diritto alla vita»

22 Novembre 2025

Per il tribunale «casa insalubre, pregiudizio all’incolumità e all’integrità fisica dei minori». Ecco tutti i dettagli

L’AQUILA. Sono almeno sette le motivazioni che hanno portato i giudici del tribunale per i minorenni dell’Aquila (camera di consiglio presieduta da Cecilia Angrisano e composta da Roberto Ferrari, Simone Giovarruscio e Alida Gabriela Alvaro) a sospendere la responsabilità genitoriale di Nathan Trevallion e Catherine Birmingham. Vediamole nel dettaglio. Il servizio sociale aveva segnalato la condizione di «sostanziale abbandono» in cui si trovavano i minori, in «situazione abitativa disagevole e insalubre e privi di istruzione e assistenza sanitaria»; la famiglia viveva «in un rudere fatiscente e privo di utenze e in una piccola roulotte»; i minori «non avevano un pediatra e non frequentavano la scuola»; la loro situazione «era giunta a conoscenza del servizio sociale a seguito dell’accesso al pronto soccorso della famiglia per ingestione di funghi».

Con decreto del 23 aprile 2024, confermato con ordinanza del 22 maggio successivo, il tribunale ha affidato i minori al servizio sociale, attribuendogli il potere esclusivo di decidere sul loro collocamento, nonché sulle questioni in materia sanitaria. La situazione descritta nella relazione del servizio sociale e in quelle dei carabinieri (23 settembre la prima, 4 ottobre 2024 la seconda) manifestava «indizi di preoccupante negligenza genitoriale, con particolare riguardo all’istruzione dei figli e alla vita di relazione degli stessi», conseguenti «alla mancata frequentazione di istituti scolastici e all’isolamento in cui vivevano». Il servizio sociale affidatario, scrivono sempre i giudici, è stato incaricato di effettuare «una visita pediatrica per l’accertamento della condizione di salute dei minori e di valutare il miglior collocamento degli stessi», in comunità o in altre famiglie, «ove non vi fosse una relazione tecnica sulla sicurezza statica dell’immobile o la stessa fosse negativa».

All’udienza, sottolinea il tribunale nel dispositivo dell’11 novembre scorso, i genitori hanno evidenziato di «avere attestato la regolarità del percorso di istruzione parentale della figlia e dichiarato di avere la disponibilità di una normale abitazione a Dogliola», sempre nel Vastese, «provvista di tutte le utenze». All’udienza successiva i genitori hanno illustrato lo stato di avanzamento dei lavori di ristrutturazione del casale e le vicende (in particolare sotto il profilo amministrativo) che li avevano rallentati. I minori «sono stati ascoltati il 28 ottobre alla presenza della madre, che ha collaborato anche all’interpretazione delle dichiarazioni dei figli, che non avevano una buona conoscenza dell’italiano». Ma con relazione del 14 ottobre il servizio sociale ha descritto quanto compiuto dopo l’udienza cautelare: «Contrariamente all’impegno a collaborare, i genitori non hanno inteso più avere incontri e colloqui con gli assistenti sociali. È stata quindi necessaria una visita domiciliare nel corso della quale i genitori hanno impedito l’accesso all’abitazione. A seguito dell’intervento del difensore, i genitori hanno poi accettato di concordare un progetto di intervento diretto a favorire l’integrazione sociale, garantire un migliore contesto abitativo per i minori e acquisire la documentazione sanitaria e quella relativa all’obbligo scolastico».

È stato inoltre concordato «un accesso settimanale dell’intero nucleo familiare in un centro socio-psico-educativo comunale». I genitori, come dicono i giudici, hanno però «rifiutato di partecipare alle attività di supporto, senza partecipare ad alcun incontro». Gli accertamenti sanitari obbligatori «non sono stati compiuti». I genitori hanno esibito al servizio sociale, affidatario riguardo alle scelte di natura sanitaria, un certificato medico per ciascun minore nel quale «la pediatra evidenzia la necessità, in considerazione della storia clinica e familiare, di effettuare visita neuropsichiatrica infantile».

I genitori hanno dichiarato che «consentiranno gli accertamenti richiesti della pediatra se verrà loro corrisposto un compenso di 50.000 euro per ogni minore». Il servizio sociale ha inoltre trasmesso copia della perizia eseguita da un geometra «su incarico dei genitori», nella quale si attesta «l’assenza di lesioni strutturali pregiudizievoli per la statica dell’abitazione», l’assoluta «assenza di impianti elettrico e idrico-sanitario e la carenza di rifinitura e infissi». Secondo i giudici «la perizia è del tutto insufficiente a dimostrare condizioni dell’immobile idonee alla tutela dell’integrità fisica dei minori». Inoltre, sempre per i giudici «non sono verificate le condizioni di salubrità dell’abitazione, con particolare riguardo all’umidità, incidente sullo sviluppo di patologie polmonari».

L’assenza di agibilità e, pertanto, di sicurezza statica (anche sotto il profilo del rischio sismico e della prevenzione di incendi), e l’assenza degli impianti elettrico, idrico e termico e delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’abitazione comporta «l’esistenza di pericolo di pregiudizio per l’incolumità e l’integrità fisica dei minori». Quanto all’istruzione scolastica, i genitori hanno prodotto un certificato di idoneità alla classe terza per la bambina rilasciato da un istituto di Brescia. «I genitori non hanno esibito al servizio sociale, né prodotto in giudizio, la dichiarazione annuale al dirigente scolastico della scuola più vicina sulla capacità tecnica o economica di provvedere all’insegnamento parentale, diretta a consentire al dirigente il controllo della fondatezza di quanto dichiarato», scrivono i giudici.

Va peraltro evidenziato, concludono dal tribunale, che «l’ordinanza cautelare non è fondata sul pericolo di lesione del diritto dei minori all’istruzione, ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione (articolo 2 della Costituzione), produttiva di gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore». Per i giudici «la deprivazione del confronto tra pari in età da scuola elementare (circa 6-11 anni) può avere effetti significativi sullo sviluppo del bambino». E aggiungono: «Il gruppo dei pari è un contesto fondamentale di socializzazione e di sviluppo cognitivo-emotivo. In ambito scolastico, il confronto e l’interazione con i compagni sono cruciali per l’apprendimento e il successo formativo». In considerazione delle «gravi e pregiudizievoli violazioni dei diritti dei figli all’integrità fisica e psichica, all’assistenza materiale e morale, alla vita di relazione e alla riservatezza, i genitori vanno sospesi dalla responsabilità genitoriale».

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