Funerali della nonna vietati, lui si taglia le vene in carcere a Chieti

Colasante è accusato della finta bomba a all’ex sindacalista Bonanni. Ora è grave al policlinico. Il padre Domenico si sfoga: "Così lo uccidono". Presenterà una denuncia contro ignoti

CHIETI. In crisi di astinenza ha tentato di togliersi la vita in carcere e ora versa in condizioni gravissime al clinicizzato. Lui è Donato Colasante, 21 anni di Guardiagrele, detenuto in custodia cautelare a Madonna del Freddo come presunto coautore dell'intimidazione con un finto ordigno esplosivo messa in atto, secondo l'accusa, insieme a Davide Nunziato lo scorso 21 marzo. L'obiettivo era l'ex segretario nazionale della Cisl Raffaele Bonanni, il luogo la residenza estiva del sindacalista abruzzese a Francavilla al Mare, proprio accanto all'abitazione di Nunziato. Colasante ha tentato di dissanguarsi tagliandosi le vene di un avambraccio, gesto estremo di ribellione compiuto qualche ora dopo la notizia, comunicata dal suo avvocato Graziano Benedetto, che la Procura distrettuale Antimafia dell'Aquila gli aveva negato il permesso di visitare la salma di Lucia, la nonna paterna cui era legato da un affetto viscerale, morta l'altro ieri all'età di 78 anni.

In fin di vita, il giovane è stato soccorso all'alba di ieri dalle guardie carcerarie e portato d'urgenza in sala operatoria per un delicato intervento di ricucitura dei vasi sanguigni, poi per qualche ora la rianimazione seguita dal trasferimento in Chirurgia vascolare con riserva di prognosi. Fin qui i fatti di una vicenda in cui i risvolti giudiziari passano per il momento in secondo piano. Tossicodipendente, il giovane guardiese era andato in astinenza dopo la sospensione della terapia con il metadone. «E' qui l'aspetto assurdo, l'antefatto del tentato suicidio», spiega l'avvocato Benedetto, «dal momento che ci è stato comunicato che il protocollo del metadone era scaduto il 31 dicembre nonostante avessimo spiegato che ci sono tutte le ragioni per proseguire la terapia. Farò nelle prossime ore», annuncia, «un'istanza che punta a trasferire Donato in una struttura in cui può essere curato poiché è chiaro che la detenzione non è compatibile con il suo stato».

Il papà del giovane, Domenico, presenterà questa mattina una denuncia contro ignoti per chiarire le responsabilità dell'interruzione della terapia. Mentre il figlio giace sedato in una stanza del policlinico piantonata, protagonista suo malgrado del dramma familiare esploso negli ultimi due giorni diventa proprio Domenico Colasante. 47 anni dipendente pubblico, ieri si è dovuto dividere tra l'obitorio in cui avveniva l'ultimo saluto alla salma della mamma e il reparto di rianimazione che aveva accolto Donato subito dopo l'intervento con trasfusione per reintegrare il copioso sangue perso.

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«Sono venuti da me in obitorio, ed è una fortuna che mia abbiano trovato subito», racconta, «per dirmi che mio figlio era anche lui in ospedale e stava lottando tra la vita e la morte. E' scandaloso», aggiunge, «che non abbiano invece riferito il fatto all'avvocato. Si è rischiato di spargere la notizia tra i nostri parenti e ho pensato che mia sorella, per esempio, non avrebbe retto e magari nello stesso giorno avremmo avuto non uno, ma tre lutti nella mia famiglia». Donato poi riferisce che «mio figlio non può rimanere in carcere, indipendentemente dal fatto che è un tossicodipendente e per giunta in custodia cautelare, innocente fino a prova contraria. Donato è infatti affetto da una grave malattia, rischia di peggiorare e anche di rimetterci la vita, anche se dovesse superare questo momento. Il carcere lo sta portando alla morte, non è possibile che nessuno l'abbia capito». Uno sfogo, questo, alla fine di una giornata durissima per lui. «In obitorio sono rientrato dopo aver visto da lontano mio figlio, che non poteva comunque parlare anche se non mi hanno permesso di avvicinarlo col pretesto che avevamo già esaurito da qualche giorno i minuti a disposizione per i colloqui. Sono rientrato in obitorio con la morte nel cuore, ma non ho detto nulla ai miei familiari. Non so se Donato reggerà in queste condizioni fino al 17 febbraio, l'inizio del processo per quella finta bomba».